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26/07/13

Educazione, sfida della libertà

Dedico questa lettera di Padre Aldo ai miei ragazzini delle Medie, ai miei studenti liceali, ai miei colleghi professori, segretarie, operai e tecnici della Scuola dove vivo la mia vecchiaia circondato dal loro affetto e comprensione.
Educare alla libertà. E' sempre stato il desiderio ed il lavoro quotidiano della Lella e di don Giancarlo, che hanno dato vita a questa scuola. Lunga vita ai nostri maestri! Grazie ai nostri educatori!


Cari amici, educare è proprio riconoscere la libertà dell’altro accettandone la sfida. Per questo è vivere sempre come sospesi, ma sospesi nella certezza che se accogli questa sfida vedrai rifiorire, nei tempi stabiliti da Dio, il figlio che ami e che se ne va di casa. E accogliere la sfida significa essere liberi noi, di fronte a quanto accade con i figli. E questo è possibile solo se in noi accade l’esperienza della misericordia divina. Gabriele, né lui né noi sappiamo da dove viene, chi sono chi sono i suoi genitori. Ci è stato consegnato dal tribunale dei minori quando aveva otto anni. Fino ad allora era vissuto in istituzioni pubbliche, covando dentro e manifestandola a tutti, la grande rabbia e violenza che sembravano strutturali in lui. Dal primo giorno che è arrivato nella casetta di Belen, ha da subito manifestato la sua violenza. Affermava se stesso con il NO a tutto e a tutti, ogni parola che gli si diceva diventava per lui motivo di litigio. Scappava da casa, dormiva sui grossi tronchi degli alberi, mi ha fatto “impazzire” più volte. Insomma, una storia di violenza che evidenziava quanto dice Pavese: “Ogni forma di violenza è frutto dell’assenza di tenerezza”. Un giorno se ne andò via, deciso a non tornare più. Aveva dieci anni. Una donna vide il mio, il nostro dolore, e lo accolse a casa sua. Lui, però ha continuato a frequentare la nostra scuola. Finalmente inizia una vita un po’ differente, in una povera casa, in compagnia di questa donna e di suo figlio della sua stessa età. Però anche lì ne fa di cotte e di crude. Tenta anche di farle del male, entrando di notte nella sua camera. Ma questa signora, ragazza madre, continua a perdonarlo e a soffrire. Tuttavia lui lascia anche questa casa, vivendo in giro per le strade. Rimane però fedele alla scuola, dove ottiene risultati brillanti grazie alla sua intelligenza. Vive nelle strade, dormendo di notte in un rudere. Non si lava, è magrissimo. Tutti ci preoccupiamo: è nostro figlio. In queste condizioni, dopo anni che non mi parlava e che mi sfuggiva, un giorno si avvicina a me: “Padre, posso venire a vivere con te, nella tua casa?” Non ci potevo credere! Lo guardai con grande tenerezza e gli risposi: “Sì, figlio mio, tu sai da quanto tempo ti stavo aspettando”. E così l’ho preso con me. La prima cosa che mi ha chiesto è la benedizione. Gli ho risposto che avrebbe dormito nella stanza con Don Fortunato, un vecchietto di 78 anni, solo, che già da tempo viveva con me, insieme ad un giovane studente di medicina. Così, da quasi un mese, Gabriele fa parte della mia famiglia, rendendo felici anche i due sacerdoti che abitano con me. È la parabola del figlio prodigo che accade oggi. Appena gli ho mostrato la camera da letto, a fianco della mia, gli ho detto: “Gabriele, tu hai sempre voluto essere libero, o meglio, fare quello che vuoi. Anche qui sei libero, io non ti controllerò, però sappi che ti voglio un bene dell’anima. Ti faccio solo queste due richieste: 1. Mi dici sempre dove vai; 2. C’è un’ora precisa per alzarti e per andare a letto. Noi mangiamo alle 13 e ceniamo alle 21. Chiedi tutto quello di cui hai bisogno”. Una sfida alla sua libertà, coscienti del rischio perché ha 14 anni. E lui l’ha preso sul serio percependo che la libertà del fare ciò che vuole non lo avrebbe portato a nulla, perché la vera libertà è riconoscere un’appartenenza. Gabriele sta sempre con noi. 

“Padre, se vuoi, preparo io la colazione alla mattina, per tutti”. “Padre, nel tempo libero desidero lavorare nella pizzeria”, “Padre, vorrei aiutare Giovanni quando porta con l’ambulanza un ammalato in ospedale”. Si preoccupa della mia salute, mi chiede ciò di cui ho bisogno, mi ha scritto bene su un foglio la dieta ordinatami dal dottore, ecc. Quando si alza, mi chiede la benedizione con le mani giunte e lo stesso prima di andare a dormire. Così lui cammina guardando dove io guardo, mentre io, con la coda dell’occhio, lo aiuto a vivere fino in fondo la sua libertà. Un’esperienza educativa unica, tutta giocata nella sfida alla sua libertà. Ed è bello quando, prima di dormire, riuniti tutti e quattro (io, il vecchietto, Gabriele e Paolo) ci troviamo nel mio piccolo appartamento a dialogare fra noi di tutto e su tutto. 

Un altro esempio di come la sfida alla libertà sia decisiva nell’educazione della persona. Abbiamo una fattoria, dove vivono una decina di uomini eterosessuali ammalati di AIDS. Vengono aiutati da una buona signora nel far da mangiare e in alcune faccende domestiche, ecc. Sono soli. Il sabato celebriamo la Messa insieme mentre il lunedì pranziamo insieme anche con suor Sonia. Si autogestiscono. Anche per loro la vera sfida è sulla libertà. Una sfida con tutti i rischi che comporta. Trattandoli “da uomini” stanno diventando uomini. Gli errori di un tempo sono finiti. Certo, niente è scontato, e per questo la nostra “presenza” è una Presenza. Ed è bello vedere che quando arrivo alla fattoria sono tutti lì ad aspettarmi, aiutandomi in tutto con tanta tenerezza, vedendo le mie difficoltà nel camminare e nel parlare. Educare alla libertà è la grande sfida che la realtà mi offre ogni giorno, cosicché più sono libero io più sono liberi loro. Liberi anche di sbagliare, ma soprattutto liberi di riconoscere che c’è una Misericordia Infinita che ci abbraccia ad ogni istante cosi come siamo. 

Amici, nelle mie condizioni attuali Dio mi sta chiedendo tutto (il pastore dà la vita per le sue pecorelle). Questa libertà piena di pace che porto nel cuore è come una calamita che mette insieme persone a cui nessuno darebbe una briciola di fiducia. Nella mia impotenza fisica è sbocciata una tale potenza di tenerezza capace di rigenerare ciò che per il mondo è un disgraziato o uno scavezzacollo. Amici, come vedete è Gesù che agisce. Fino a ieri ero come un trattore, oggi sono una carriola che cigola, eppure è solo in questa esperienza di debolezza, in cui fisicamente sono un po’ imprigionato, che si manifesta potentemente la Sua grazia. Davvero educare significa ESSERCI: significa che l’altro vede in te la vibrazione dell’ESSERE. Il massimo dell’evidenza di questa vibrazione della Presenza la sperimento guardando i miei due figli idrocefali, Aldo e Mario, che da anni giacciono impotenti nel letto. 

Verso sera faccio fatica perfino a muovere il collo, che mi sembra cementato, la voce mi esce a stento, i passi piccoli e fiacchi, eppure, dentro un’irritabilità terribile, la potenza della misericordia di Dio si rende evidente, commuove me e chi mi sta vicino. Anche nell’umiliazione di sentirmi un pezzo di legno scopro con stupore che su questo stesso legno sbocciano fiori che profumano. 

Mi affido alle vostre preghiere alla Madonna e abbraccio quanti vivono questi doni di Gesù dicendo “Gesù ti offro”.

P. Aldo

25/07/13

"Omofobia" o "Paura della diversità"?

Un illuminante intervento di Eugenia Roccella sulla deriva liberticida del Governo Letta e di certa parte del Parlamento.
Difesa dei cittadini o bavaglio a chi dissente?

Omofobia, vogliono negare le differenze sessuali
di Eugenia Roccella*

(Clicca sul titolo qui sopra)

10/03/13

Ed ecco un bel regalo...

E' incredibile come ascoltare e riascoltare le parole di questa intervista suscitino il fascino e il desiderio di una vita che cresce vivendo. 
Il gesto di Papa Benedetto XVI mostra come sia possibile la letizia nell'amore ricambiato di Gesù per ciascuno di noi. 
O è follia o è speranza di vita per sé e per tutti gli uomini di questo tempo confuso e tormentato.

14/02/13

La cosa più importante


BENEDETTO XVI
UDIENZA GENERALE
Aula Paolo VI
Mercoledì, 13 febbraio 2013

Cari fratelli e sorelle,
come sapete - grazie per la vostra simpatia! - ho deciso di rinunciare al ministero che il Signore mi ha affidato il 19 aprile 2005. Ho fatto questo in piena libertà per il bene della Chiesa, dopo aver pregato a lungo ed aver esaminato davanti a Dio la mia coscienza, ben consapevole della gravità di tale atto, ma altrettanto consapevole di non essere più in grado di svolgere il ministero petrino con quella forza che esso richiede. Mi sostiene e mi illumina la certezza che la Chiesa è di Cristo, il Quale non le farà mai mancare la sua guida e la sua cura. Ringrazio tutti per l’amore e per la preghiera con cui mi avete accompagnato. Grazie! Ho sentito quasi fisicamente in questi giorni, per me non facili, la forza della preghiera, che l’amore della Chiesa, la vostra preghiera, mi porta. Continuate a pregare per me, per la Chiesa, per il futuro Papa. Il Signore ci guiderà.




Le tentazioni di Gesù e la conversione per il Regno dei Cieli

Cari fratelli e sorelle,
oggi, Mercoledì delle Ceneri, iniziamo il Tempo liturgico della Quaresima, quaranta giorni che ci preparano alla celebrazione della Santa Pasqua; è un tempo di particolare impegno nel nostro cammino spirituale. Il numero quaranta ricorre varie volte nella Sacra Scrittura. In particolare, come sappiamo, esso richiama i quarant’anni in cui il popolo di Israele peregrinò nel deserto: un lungo periodo di formazione per diventare il popolo di Dio, ma anche un lungo periodo in cui la tentazione di essere infedeli all’alleanza con il Signore era sempre presente. Quaranta furono anche i giorni di cammino del profeta Elia per raggiungere il Monte di Dio, l’Horeb; come pure il periodo che Gesù passò nel deserto prima di iniziare la sua vita pubblica e dove fu tentato dal diavolo. Nell’odierna Catechesi vorrei soffermarmi proprio su questo momento della vita terrena del Signore, che leggeremo nel Vangelo di domenica prossima.
Anzitutto il deserto, dove Gesù si ritira, è il luogo del silenzio, della povertà, dove l’uomo è privato degli appoggi materiali e si trova di fronte alle domande fondamentali dell’esistenza, è spinto ad andare all’essenziale e proprio per questo gli è più facile incontrare Dio. Ma il deserto è anche il luogo della morte, perché dove non c’è acqua non c’è neppure vita, ed è il luogo della solitudine, in cui l’uomo sente più intensa la tentazione. Gesù va nel deserto, e là subisce la tentazione di lasciare la via indicata dal Padre per seguire altre strade più facili e mondane (cfr Lc 4,1-13). Così Egli si carica delle nostre tentazioni, porta con Sè la nostra miseria, per vincere il maligno e aprirci il cammino verso Dio, il cammino della conversione.
Riflettere sulle tentazioni a cui è sottoposto Gesù nel deserto è un invito per ciascuno di noi a rispondere ad una domanda fondamentale: che cosa conta davvero nella mia vita? Nella prima tentazione il diavolo propone a Gesù di cambiare una pietra in pane per spegnere la fame. Gesù ribatte che l’uomo vive anche di pane, ma non di solo pane: senza una risposta alla fame di verità, alla fame di Dio, l’uomo non si può salvare (cfr vv. 3-4). Nella seconda tentazione, il diavolo propone a Gesù la via del potere: lo conduce in alto e gli offre il dominio del mondo; ma non è questa la strada di Dio: Gesù ha ben chiaro che non è il potere mondano che salva il mondo, ma il potere della croce, dell’umiltà, dell’amore (cfr vv. 5-8). Nella terza tentazione, il diavolo propone a Gesù di gettarsi dal pinnacolo del Tempio di Gerusalemme e farsi salvare da Dio mediante i suoi angeli, di compiere cioè qualcosa di sensazionale per mettere alla prova Dio stesso; ma la risposta è che Dio non è un oggetto a cui imporre le nostre condizioni: è il Signore di tutto (cfr vv. 9-12). Qual è il nocciolo delle tre tentazioni che subisce Gesù? E’ la proposta di strumentalizzare Dio, di usarlo per i propri interessi, per la propria gloria e per il proprio successo. E dunque, in sostanza, di mettere se stessi al posto di Dio, rimuovendolo dalla propria esistenza e facendolo sembrare superfluo. Ognuno dovrebbe chiedersi allora: che posto ha Dio nella mia vita? E’ Lui il Signore o sono io?
Superare la tentazione di sottomettere Dio a sé e ai propri interessi o di metterlo in un angolo e convertirsi al giusto ordine di priorità, dare a Dio il primo posto, è un cammino che ogni cristiano deve percorrere sempre di nuovo. “Convertirsi”, un invito che ascolteremo molte volte in Quaresima, significa seguire Gesù in modo che il suo Vangelo sia guida concreta della vita; significa lasciare che Dio ci trasformi, smettere di pensare che siamo noi gli unici costruttori della nostra esistenza; significa riconoscere che siamo creature, che dipendiamo da Dio, dal suo amore, e soltanto «perdendo» la nostra vita in Lui possiamo guadagnarla. Questo esige di operare le nostre scelte alla luce della Parola di Dio. Oggi non si può più essere cristiani come semplice conseguenza del fatto di vivere in una società che ha radici cristiane: anche chi nasce da una famiglia cristiana ed è educato religiosamente deve, ogni giorno, rinnovare la scelta di essere cristiano, cioè dare a Dio il primo posto, di fronte alle tentazioni che una cultura secolarizzata gli propone di continuo, di fronte al giudizio critico di molti contemporanei.
Le prove a cui la società attuale sottopone il cristiano, infatti, sono tante, e toccano la vita personale e sociale. Non è facile essere fedeli al matrimonio cristiano, praticare la misericordia nella vita quotidiana, lasciare spazio alla preghiera e al silenzio interiore; non è facile opporsi pubblicamente a scelte che molti considerano ovvie, quali l’aborto in caso di gravidanza indesiderata, l’eutanasia in caso di malattie gravi, o la selezione degli embrioni per prevenire malattie ereditarie. La tentazione di metter da parte la propria fede è sempre presente e la conversione diventa una risposta a Dio che deve essere confermata più volte nella vita.
Ci sono di esempio e di stimolo le grandi conversioni come quella di san Paolo sulla via di Damasco, o di sant’Agostino, ma anche nella nostra epoca di eclissi del senso del sacro, la grazia di Dio è al lavoro e opera meraviglie nella vita di tante persone. Il Signore non si stanca di bussare alla porta dell’uomo in contesti sociali e culturali che sembrano inghiottiti dalla secolarizzazione, come è avvenuto per il russo ortodosso Pavel Florenskij. Dopo un’educazione completamente agnostica, tanto da provare vera e propria ostilità verso gli insegnamenti religiosi impartiti a scuola, lo scienziato Florenskij si trova ad esclamare: “No, non si può vivere senza Dio!”, e a cambiare completamente la sua vita, tanto da farsi monaco.
Penso anche alla figura di Etty Hillesum, una giovane olandese di origine ebraica che morirà ad Auschwitz. Inizialmente lontana da Dio, lo scopre guardando in profondità dentro se stessa e scrive: “Un pozzo molto profondo è dentro di me. E Dio c’è in quel pozzo. Talvolta mi riesce di raggiungerlo, più spesso pietra e sabbia lo coprono: allora Dio è sepolto. Bisogna di nuovo che lo dissotterri” (Diario, 97). Nella sua vita dispersa e inquieta, ritrova Dio proprio in mezzo alla grande tragedia del Novecento, la Shoah. Questa giovane fragile e insoddisfatta, trasfigurata dalla fede, si trasforma in una donna piena di amore e di pace interiore, capace di affermare: “Vivo costantemente in intimità con Dio”.
La capacità di contrapporsi alle lusinghe ideologiche del suo tempo per scegliere la ricerca della verità e aprirsi alla scoperta della fede è testimoniata da un’altra donna del nostro tempo, la statunitense Dorothy Day. Nella sua autobiografia, confessa apertamente di essere caduta nella tentazione di risolvere tutto con la politica, aderendo alla proposta marxista: “Volevo andare con i manifestanti, andare in prigione, scrivere, influenzare gli altri e lasciare il mio sogno al mondo. Quanta ambizione e quanta ricerca di me stessa c’era in tutto questo!”. Il cammino verso la fede in un ambiente così secolarizzato era particolarmente difficile, ma la Grazia agisce lo stesso, come lei stessa sottolinea: “È certo che io sentii più spesso il bisogno di andare in chiesa, a inginocchiarmi, a piegare la testa in preghiera. Un istinto cieco, si potrebbe dire, perché non ero cosciente di pregare. Ma andavo, mi inserivo nell’atmosfera di preghiera…”. Dio l’ha condotta ad una consapevole adesione alla Chiesa, in una vita dedicata ai diseredati.
Nella nostra epoca non sono poche le conversioni intese come il ritorno di chi, dopo un’educazione cristiana magari superficiale, si è allontanato per anni dalla fede e poi riscopre Cristo e il suo Vangelo. Nel Libro dell’Apocalisse leggiamo: «Ecco: sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me» (3, 20). Il nostro uomo interiore deve prepararsi per essere visitato da Dio, e proprio per questo non deve lasciarsi invadere dalle illusioni, dalle apparenze, dalle cose materiali.
In questo Tempo di Quaresima, nell’Anno della fede, rinnoviamo il nostro impegno nel cammino di conversione, per superare la tendenza di chiuderci in noi stessi e per fare, invece, spazio a Dio, guardando con i suoi occhi la realtà quotidiana. L’alternativa tra la chiusura nel nostro egoismo e l’apertura all’amore di Dio e degli altri, potremmo dire che corrisponde all’alternativa delle tentazioni di Gesù: alternativa, cioè, tra potere umano e amore della Croce, tra una redenzione vista nel solo benessere materiale e una redenzione come opera di Dio, cui diamo il primato nell’esistenza. Convertirsi significa non chiudersi nella ricerca del proprio successo, del proprio prestigio, della propria posizione, ma far sì che ogni giorno, nelle piccole cose, la verità, la fede in Dio e l’amore diventino la cosa più importante.

14/12/12

Abbiamo bisogno di maestri così!

Un magistrale discorso dell'Arcivescovo di Milano, Card. Angelo Scola, sulla libertà a partire dall'imminente anniversario dell'Editto di Milano con cui l'Impero Romano riconosceva libertà di religione a tutti i cittadini.

Ecco il video e a seguire il testo scritto per un personale approfondimento.


19/02/12

La fine della scuola?

Questa lettera propone all'attenzione un tentativo grave di limitazione alla libertà di educare da parte del Governo Monti.

"La cosa più saggia del mondo è gridare prima del danno. Gridare dopo che il danno è avvenuto non serve a nulla, specie se il danno è una ferita mortale." GKC

Cara Amica e caro Amico,
grazie fin d'ora per la disponibilità a leggere queste mie considerazioni a cuore aperto e senza "rete".
Ti chiedo scusa fin d'ora per gli inevitabili tecnicismi.

La maggioranza delle scuole cosiddette "private" sono cattoliche e fra queste molte dipendono da Istituti religiosi maschili e femminili.
Ad oggi le attività degli Enti ecclesiastici pur tecnicamente "commerciali", come la scuola e la formazione professionale, sono esenti in quanto strumentali rispetto alla preponderante finalità di religione e di culto.
Noi salesiani facciamo scuola e formazione professionale per annunciare e testimoniare l'Amore di Dio ai Giovani come ci ha insegnato il nostro amato padre Don Bosco!

Una procedura d'infrazione avviata presso l'Unione Europea individua in questa esenzione un 'aiuto di Stato indebito'.
La situazione è molto complessa e in molti casi sono le stesse istituzioni ecclesiali ad avere la coda di paglia su situazioni 'in zona grigia' ad esempio nel campo della sanità e dell'ospitalità. Il confronto su questa situazione è fortemente condizionato dal permanere dell'attuale sistema 8 per mille, che consente di poter contare su una sicura disponibilità finanziaria e quindi già al primo giro di tavolo i "frati e le suore", le cooperative di docenti e di genitori si ritrovano troppo spesso da soli ad affrontare la difesa di un patrimonio educativo e formativo che tanto ha contribuito " a fare gli italiani".

L'oggetto del contendere è la riconduzione di ogni attività cosiddetta commerciale al sistema impositivo dell'ICI/IMU senza alcuna distinzione sulla natura no profit delle nostre scuole e dei centri di formazione professionale, natura già certificata in tempi non sospetti da nostre dichiarazioni al MIUR. Le scuole paritarie con scopo di lucro sono una minoranza.
A ciò si aggiunge l'ipotesi d'inserimento nello 'spesometro', in fase di elaborazione da parte di Agenzia delle Entrate, della cosiddetta retta scolastica per la scuola paritaria quale indicatore reddituale alla stregua di un SUV oppure di una villa al mare. Ad oggi sono detraibili le spese veterinarie ma non la retta scolastica per l'educazione dei figli, il ribaltamento del detto evangelico "non si prende il pane dei figli per darlo ai cagnolini...".

È questione letteralmente di vita e di morte per molte scuole di religiosi e religiose non aver un ulteriore aggravio di costi per il sistema impositivo ICI/IMU, (è già un bagno di sangue adesso per costi del personale e costi straordinari per l'aggiornamento tecnologico e la manutenzione delle strutture), proprio in una contingenza economica che vede una sensibile riduzione di iscritti perché troppe famiglie non riescono a far fronte alla retta scolastica. Molte scuole cattoliche di ogni ordine e grado hanno già dovuto chiudere non per mancanza di iscritti ma per insostenibilità economica.

Questione di vita e di morte anche per la Chiesa che vive in Italia, forse un po' 'distratta' da altre questioni, e sembra non comprendere che se verrà meno la trasmissione della cultura cristiana e la testimonianza del Vangelo alle giovani generazioni anche attraverso la scuola e la formazione professionale ben poco potrà fare il solo annuncio in chiese sempre più deserte di giovani. Per molti ragazzi e giovani le nostre scuole e i nostri centri di formazione sono l'unico volto della Chiesa che incontrano nel loro cammino di crescita!

Riepilogando, al Governo tecnico e a tutte le Forze politiche chiediamo di tenere nella debita considerazione la natura non profit di una attività tecnicamente "commerciale" ma che porta in sé una grande potenzialità per il futuro del nostro Paese: l'EDUCAZIONE DEI GIOVANI!
Le altre attività commerciali gestite da istituzioni ecclesiali non hanno oggettivamente la stessa valenza e comunque godono già di alcuni sussidi economici da parte dello Stato, vedi il regime di convenzione con le Regioni per l'assistenza sanitaria, oppure non sono così decisive per la trasmissione della fede in un'esperienza educativa, penso al campo dell'ospitalità.

In secondo luogo, nell'attesa di forme di sostegno economico da parte dello Stato alle famiglie che scelgono la scuola paritaria, come avviene nella quasi totalità dei paesi dell'Unione Europea, che almeno esse possano portare in detrazione dalla denuncia dei redditi il costo sostenuto per le rette scolastiche dalla scuola materna alla scuola superiore. Dio non voglia che questa spesa, spesso sostenuta con grandi sacrifici venga usata come indicatore reddituale alla stregua di un SUV!
È ancora evidente per tutti la distinzione fra un FIGLIO e una macchina di lusso, le cure per il cane, la villa al mare?
Senza FIGLI non ci sarà futuro per nessuno, nemmeno per l'economia e per il bilancio dello Stato.

Mi affido alla tua intraprendenza per coinvolgere quante più donne e uomini di buona volontà per una giusta causa!
Credimi questa lo è davvero.
Ti invito a visitare i nostri cortili, le aule, i laboratori e non vi troverai solo i "figli di papà", ma soprattutto i figli del popolo e di quanti hanno scelto il nostro paese per un futuro più dignitoso!

Don Bosco ci assista!

Con riconoscenza per tutto quanto vorrai e potrai fare.

don Claudio Silvano Cacioli
Salesiano di Don Bosco

03/01/12

La Cina in cima all'Anno Nuovo

Roma (AsiaNews) – Alla fine dell’anno molte riviste e siti web stilano una classifica dei personaggi più famosi del 2011, che si sono distinti in qualche opera o hanno determinato l’informazione mondiale. Di solito sono personaggi della politica, della cultura, o un movimento intero, come è quest’anno per la rivista americana Time, che ha consacrato a “personaggio” (collettivo) del 2011 i giovani della “primavera araba” e a tutti i dimostranti del mondo. (...)



18/08/10

Libertas Ecclesiae, laicità dello Stato

Tutti pecchiamo e tutti sbagliamo, per carità. In questi giorni ne ho combinata una davvero grossa; ma, come ha richiamato il mio amico Bubi (Don Stefano), è sempre dato di ricominciare, perché c'è un Altro fra noi.
Ripropongo allora le parole che Francesco Cossiga, di cui oggi tutti piangiamo la morte, disse pochi mesi fa in un convegno su "Libertas Ecclesiae, laicità dello Stato", in questo momento davvero confuso della nostra amata Italia.
Il testo integrale, con gli interventi di Giorgio Vittadini, Antonio Polito e Roberto Fontolan si trova sul sito del Meeting per l'amicizia fra i popoli, prossimo ad aprirsi a Rimini in questo fine settimana.

Francesco Cossiga: Io stavo per portare qui due documenti: uno è la Magna Charta, che viene considerato il primo atto fondante di un sistema di stato di potere sovrano limitato. Una delle frasi fondamentali della Magna Charta dice: “Libertas ecclesiae anglicanae servanda sit”. Voi dovete sapere che il termine “Chiesa Anglicana” è un termine più antico dello scisma: la Chiesa d’Inghilterra, cattolica, prima dello scisma era chiamata Ecclesia Anglicana. Quindi il fondamento delle libertà della Magna Charta è: “Sia preservata e difesa la libertà della Chiesa Anglicana”. 
Uno degli uomini più colti e più grandi dell’Europa, insieme a Erasmo da Rotterdam, Sir Thomas Moore, morì in difesa della libertà di coscienza. Egli è stato testimone certamente della Chiesa, ma è stato colui che ha affermato i limiti dei poteri del Parlamento rispetto alle libertà di coscienza del cittadino. Tanto che un suo amico canonico della Cattedrale di San Paolo, che gli scrisse in carcere scongiurandolo di firmare il famoso atto che lui non volle firmare, gli disse: “Se io avessi la certezza che tu hai, firmerei. Perché se tu non firmassi con questa coscienza che ti si è formata, andresti all’inferno. Io andrei all’inferno, se firmassi”. 
Gli Stati Uniti hanno avuto due momenti di migrazioni per motivi religiosi, anche se ne conosce solo uno. Uno è quello dei padri pellegrini dissenters, cioè protestanti, dissenzienti dalla Chiesa d’Inghilterra. Il secondo, la gente non lo sa, riguarda i cattolici dissenzienti a cui la Corona d’Inghilterra permise di espatriare sotto la guida di Sir Edward Calvert, poi Lord Baltimore - da cui la città di Baltimora -, che fondarono il Maryland, per molto tempo l’unico stato a maggioranza cattolica degli Stati Uniti d’America, delle colonie. 
Un grande liberale, Francesco Ruffini, disse che la libertà religiosa non è solo la libertà di non credere ma è anche libertà di credere: è la prima delle libertà, e dove non vi sia libertà religiosa, nel senso di libertà di credere e di non credere, non ci può essere nessun altra libertà. Io credo che la grande confusione che c’è in questo momento segue la scomparsa delle ideologie: il comunismo, il marxismo-leninismo, il socialismo e le altre. Le grandi ideologie e culture europee hanno lasciato un vuoto che dà origine, per esempio, all’ideologia “Chirachiana”, per cui la libertà consiste nel vietare la libertà, dove la laicità è sostituita dal laicismo e il laicismo è elevato a religione. Per cui si educa la libertà non insegnando ai ragazzi cattolici a rispettare le ragazze musulmane col velo, o i ragazzi ebrei con la kippah e viceversa, ma la libertà consiste nell’impedire alle ragazze musulmane di portare il velo, ai ragazzi e alle ragazze ugonotte di portare la croce ugonotta, a quelli cattolici di portare la croce latina, come viene chiamata in Francia, e ai ragazzi ebrei di portare la kippah. Messi su questa strada, io non riesco a comprendere che cosa rimarrà del valore della libertà e della libertà religiosa intesa come libertà di non credere, ma, ahimé, anche come libertà di credere. 
(...)
Francesco Cossiga: Direi che il fatto che io sia stato presidente è totalmente irrilevante. Innanzitutto vorrei dare un consiglio agli amici di Comunione e Liberazione: al prossimo Meeting, non in contrapposizione ma in integrazione a Costantino io distribuirei anche un libretto: la “Lettera a Diogneto”, che è un capolavoro di laicità, dove è detto che il cristiano non si differenzia dagli altri per come mangia, per come veste, per come parla, ma soltanto per come vive. 
Debbo dire una cosa, io credo che preziosa per la cultura e anche per la Chiesa sia la speculazione teologica, però c’è stato il grande pericolo, e c’è tuttora, di identificare la fede con la teologia, e di non comprendere che il cristianesimo non è un sistema di principi, ma è un fatto. Che poi su questo fatto la ragione umana speculi e sulla base della filosofia classica tragga dei principi, non dico per opporsi, ma per confrontarsi con altri principi, questo è perfettamente logico. Ma l’adesione al cristianesimo non è l’adesione a dei principi: è l’adesione a un fatto che genera poi dei principi. Nostro Signore Gesù Cristo non è un filosofo, è una persona, che noi cristiani crediamo sia anche Dio, ma che è nato in un’epoca storica, in un posto preciso. Io una volta ho detto che è come una lama di luce che ha colpito un luogo storico. I principi non hanno un posto: la filosofia aristotelica non è la filosofia di Atene, è la filosofia aristotelica e basta, non ha luogo. Il cristianesimo invece ha un luogo, che è la Palestina, e poi Roma, per un fatto molto semplice: che la sua vocazione universale l’ha messo in quella che era la capitale del mondo civile di allora, se la capitale fosse stato Vilnius, il papato avrebbe sede a Vilnius, se il mondo avesse avuto Colonia come capitale il papato sarebbe stato a Colonia.
Io vi consiglierei di far stampare e diffondere quello che per i cristiani è la Bibbia della loro laicità: la “Lettera a Diogneto”: “Vestono come tutti, mangiano come tutti, hanno un imperatore come tutti...”. Un esempio di questo è dato dalla legione tebana, composta di fedelissimi soldati orientali dell’imperatore che, dopo aver combattuto per lui, furono massacrati perché non avevano voluto sacrificare agli dei. 
Poi, io vorrei far pubblicare una collezione di articoli, di fronte a quello che io credo sia uno dei più cattivi maestri dell’Europa di oggi: Chirac. Chirac è un cattivo maestro perché sta introducendo lentamente un’idea di libertà che si basa sulla negazione della libertà e del rispetto delle differenze. Io vorrei poi che si pubblicassero due cose: gli articoli di un certo Cesar, che era alternativamente Togliatti e il mio conterraneo sardo Gramsci, su Ordine Nuovo e il discorso che, ignorato da molti, è la vera svolta del pensiero di Palmiro Togliatti: il discorso di Bergamo, dove dice che “bisogna ormai prendere atto che, contrariamente all’ortodossia marxista, la religione non è una sovrastruttura della società ma ne è una componente essenziale”. E questo libretto con gli scritti di Cesar e il discorso di Togliatti, io lo manderei perché lo leggessero molti cattolici, molti preti, molti vescovi e anche qualche cardinale. 
Una delle cose che bisogna chiarire è che il cristianesimo contiene e testimonia una serie di verità che storicamente non si possono confinare al solo cristianesimo. Per esempio, io in questi giorni ho letto una traduzione malfatta dal tedesco, sulle leggi di Noè, i sette comandamenti noetici, che sono il vero fondamento dell’ecumenismo. Alcune cose fanno parte delle verità insite nella natura umana. 
Prima è stata detta una cosa importante che ci ha trovato consenzienti: ha detto una cosa, l’amico Polito, straordinaria: senza la forza di aver dietro un’ideologia in Italia, e questa è una colpa di noi cattolici, noi abbiamo realizzato nelle strutture, senza che fosse animato dall’ideologia, un tipo di socialismo reale che abbiamo passato per dottrina sociale cattolica, ed è stato un tentativo di adattamento di alcune strutture classiche dell’economia socialista, anzi comunista. Vi è una grossa differenza tra il marxismo di Lenin e quello di Stalin: l’idea forse utopica di Lenin era quella di una democrazia dal basso basata su i soviet – lui esagerava perché diceva che il socialismo sono i soviet più l’elettrificazione. Non sarebbe andato molto avanti con l’edificazione dell’Unione Sovietica. Però il punto è questo: che la persona viene prima dello stato, ed è purtroppo un lascito veramente dannoso del liberalismo hegeliano tedesco quello di considerare la libertà come un’autolimitazione dello stato. E’ la persona che limita lo stato e i poteri dello stato sono frutto dell’autolimitazione della persona, non è la libertà della persona il frutto dell’autolimitazione dello stato. E questa è una cosa che mi sembra molto importante. 
(...)
Francesco Cossiga: Io vi voglio spiegare perché su di me, cristiano, hanno esercitato un fascino che alcuni hanno considerato perverso, il marxismo e il liberalismo di marca anglosassone – che è cosa diversa dal liberalismo tedesco, mentre quello di Chirac è soltanto giacobinismo –. Quando il marxismo teorizza la classe, in realtà teorizza il popolo, e considera – come dovrebbe essere anche per un pensiero classico cristiano – non la società come uno strumento dello stato, ma lo stato come strumento della società, che viene chiamata “classe”, ma su questo si potrebbe discorrere. E così il liberalismo anglosassone è basato non sullo stato che concede le autonomie, ma sulle autonomie che creano, poi salendo, lo stato. E’ quello che capì Toqueville quando andò in America e scoprì che la forza della democrazia americana era l’associazione delle donne coltivatrici del cavolo…Ecco, io credo che ci sia un solo stato che può pretendere, cercare di rispondere a tutte le richieste dei cittadini: ed è, fallendo, la dittatura. 

21/07/10

Accade a Caracas

Ed ecco la libertà dei "compagni di merende" di sinistra.
Chissà che cosa direbbe Bersani?!
Chissà come si muoverebbero i Giudici Italiani....?!

18/04/10

18 Aprile 1948

"Vi ricordate quel 18 aprile? / d'aver votato democristiani / senza pensare all'indomani / a rovinare la gioventù" 
Così cantavamo negli anni della nostra gioventù, nel famoso 1968, recriminando sul fatto che i nostri genitori avevano fatto per l'Italia la scelta di campo capitalista.
In quel fatidico 18 aprile io ero ancora di là da venire: sarei nato solo un anno dopo, in maggio.
Se avessero vinto i social-comunisti, come tutti preconizzavano, nelle prime elezioni libere dell'Italia Repubblicana e Democratica, chissà se io sarei nato: i miei genitori si sposarono solo nel Luglio di quello stesso anno. Se anche fossi nato, sarei stato forse un pioniere con il fazzoletto rosso, avrei imparato a venerare Stalin a scuola ed ora, forse, sarei in un lager o a vessare i miei conterranei come tanti miei amici attuali.
Ma non fu così. 
Vinsero i democristiani, vinse De Gasperi (Dio lo benedica sempre) ed io sono ora un uomo libero. 
Il buon Dio, che mi vuole bene ed usa volentieri l'ironia, mi fece nascere e vivere tuttora in una delle poche "Zone Liberate" della mia cara Italia. 
L'Emilia-Romagna, da allora e a tutt'oggi, è governata da quegli stessi social-comunisti che volevano comandare in tutta Italia e che, per grazia di Dio e intelligenza degli italiani, sono relegati appunto solo in alcune zone con sovranità non piena, per quanto tentino continuamente di considerarsi gli unici e legittimi rappresentanti del popolo, sfruttando a fini di parte, la loro, le risorse materiali ed i beni prodotti da tutti i cittadini, che vivono nelle zone da loro controllate, limitando anche pesantemente la libertà di parola e di iniziativa di chi non è dei loro.

Oggi io festeggio perché i nostri genitori non caddero nel tranello ordito dalla propaganda comunista di allora.

Per saperne di più su questo giorno benedetto:

Statistica