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08/11/12

Cosa succede in Paraguay?

Lettera da Padre Aldo, Asunciòn. Noi ci lamentiamo della crisi...


Cari amici,
le circostanze, come ci ricorda continuamente don Julián Carrón, sono fattori costitutivi della propria vocazione. Se non riconosciamo esperienzialmente questa verità, la nostra autocoscienza sarà sempre vittima delle nostre emozioni, delle nostre reazioni. Per cui la vita sarà sempre un lamento, uno scaricare sulla realtà o sulle persone la propria rabbia. In questi mesi non c’è stato un giorno in cui il Mistero non abbia risparmiato nè me, nè quanti mi sono più vicini. E non sempre mettendoci davanti circostanze molto difficili, ma anche banali. L’altra sera, erano le 22, sono, come ogni notte, andato nella clinica per verificare come stavano i pazienti, se dormivano, se chi era grave stava per morire e per parlare un po’ con le infermiere, che sono quelle che portano il “peso” più duro. Avevano appena terminato di pulire Gesù. Per cui ho chiesto loro con che sguardo siano state davanti a Lui. Betty, un’infermiera bella e magra, mi consegna un foglio dove scrive: “Caro padre Aldo, questa notte mi sono resa conto di cosa sia la verifica della fede. Ero di turno nel blocco N° 2 della Clinica, dove Gesù è particolarmente triturato dal cancro. Non avevo mai provato nei 7 anni di lavoro nella clinica, tanto ribrezzo nel pulire Maria. Le secrezioni che uscivano da questo corpo, ormai consumato dal cancro, riempivano la stanza con un odore ripugnante. A un certo punto mi ha preso un senso di vomito. Per cui sono andata in bagno, vomitando quello che avevo mangiato. Non sapevo se ritornare da Maria (Gesù) e continuare l’igiene. Dopo un attimo mi son ricordata che quella povera donna è Gesù che soffre, per cui sono andata da lei per terminare la sua pulizia. E l’ho fatto con tanto amore, vedendo Gesù che soffriva, non tanto per il cancro, ma per la puzza che neanche lei sopportava. Ho chiesto perdono per la mia prima reazione di nausea e vomito. E questa situazione la vivono anche le mie compagne di turno. Se non ci fosse il Santissimo esposto nell’Eucaristia, sarebbe per noi impossibile avere cura di questo Gesù, con il corpo in cui sono già visibili i segni della putrefazione. Per di più viviamo un grande dolore quando i malati stessi ci dicono di non sopportare l’odore che emana il proprio corpo. Guardando Maria (Gesù) mi chiedo: “come può un essere umano, così perfetto fisicamente, giungere alla decomposizione essendo ancora vivo? Non mi è facile questo compito e se Cristo non fosse la ragione della mia vita, me ne andrei. Però offro tutto sapendo che il paziente è Gesù, per cui continuo a lottare”. 
Poi ci sono anche situazioni più semplici, come il mettere ogni mattino i fiori freschi sul comodino di ogni ammalato o lo stare seduto al fianco del moribondo accompagnandolo a morire. Spesso vedo arrivare già a notte fonda la direttrice medica o l’infettivologa. Chiedo loro il perché. E la risposta è molto semplice; “vengo a vedere come stanno i miei figli”. L’amore della specialista in AIDS, Cristina, è per me una provocazione continua a guardare in faccia Gesù. Amici, realmente Gesù mi ha fatto un dono grande nel creare questa clinica, in cui la morte è vinta dalla vita, cioè da Gesù. Il dolore è grande ma Gesù lo è infinitamente di più.  
P. Aldo




07/04/12

Nel giorno del silenzio

Propongo la lettera della signora ebrea francese, che ha visto morire in un sol colpo il marito e due figli a Tolosa, nel terribile attentato alla scuola.
Voglia la Madre dei dolori e della speranza, confortare e sostenere questa donna ebrea come lei. 
Unita a Lei nel dolore possa questa giovane sposa e madre gioire con Lei nella gloria il giorno in cui il Messia si manifesterà e tutto sarà chiaro e compiuto.
Buona Pasqua!


26/10/11

Coriano, Italia


Quante tragedie in questi giorni! Un terremoto devastante colpisce la Turchia; inondazioni terribili devastano la Thailandia; una crisi economica senza precedenti tiene tutta  l’Europa col fiato sospeso; in Libia la guerra fratricida continua con vendette sugli sconfitti; smottamenti e frane in Liguria rovinano alcuni dei luoghi italiani più belli; un campione di moto, un ragazzo romagnolo perde la vita su un circuito lontano.
Ci sarebbe solo da mettere le mani nei capelli e, cinicamente, ritenersi fortunati perché non è capitato a noi.
Eppure ci alziamo la mattina, ci vestiamo, facciamo colazione e andiamo al lavoro. Chi ce l’ha.
Portiamo i figli all’asilo o li accompagniamo a scuola. Si fa la spesa, si chiacchiera e si prepara da mangiare. Come sempre.
Perché?
Tutta la realtà ci provoca, ci chiede una risposta, ci mette in moto ogni giorno. Con giudizi o con gesti siamo provocati a rispondere. Il modo come ci muoviamo manifesta come ci stiamo davanti. Così costruiamo o distruggiamo quello che ci è stato consegnato.
“Come mai – mi chiedevo da ragazzo- il sole sorge sempre anche durante la guerra?” Ne era appena finita una, l’ultima grande in Europa e io ne vedevo ancora i resti.
“Perché i bambini nascono anche durante le guerre?” Chi  o che cosa permette agli uomini di non disperare e di ricominciare?” così al padre e alla madre di quel ragazzo di Coriano come a quelli dei figli morti nel terremoto o sotto l’acqua.
“Cari giovani, non abbiate paura di affrontare queste sfide! Non perdete mai la speranza!” (Benedetto XVI ad Ancona)
Tutto è un’opportunità.
Segni positivi  ci sono: famiglie che non si perdono d’animo e lottano per la crescita e l’educazione dei loro figli, gente che si aiuta e si sostiene nel lavoro, giovani che intraprendono strade nuove magari con grandi sacrifici, politici che hanno a cuore il bene di tutti.
“La vita del nostro popolo documenta anche l’esistenza di fatti e opere buone che dicono questa sovranità sul male dell’umana libertà quando si lascia cambiare dalla grazia di Cristo. Sono segni ragionevoli che la speranza alimentata dalla fede e dalla carità, praticata nelle nostre comunità, è veramente affidabile” (Card. Angelo Scola)
Quante tragedie in questi giorni e chissà quante altre nei giorni che seguiranno. “Vita hominis militia est” La vita dell’uomo è un continuo combattimento. In tutto questo però c’è un fatto, che ci sussurra: tutta la realtà è buona. Ecco perché allora si può umanamente stringersi  con affetto attorno ad una famiglia che vede il suo ragazzo finire miseramente sull’asfalto come un pupazzo  sotto gli occhi del mondo, affrontare ogni tipo di povertà economica e morale, senza lasciarsi schiacciare, guardare in faccia la morte con le lacrime e diritti riaffermare la propria speranza, sollevarsi le maniche e ricominciare e costruire, sempre, con intelligenza e costanza. 
Dentro un popolo rinasce la speranza.

02/03/10

Corrotti si nasce o si diventa?



Don Massimo Camisasca, nel seguente Editoriale de Il Sussidiario, spiega in tutta semplicità perché c'è tanta corruzione in giro, noi compresi.

Corrotto infatti è chi non spera più, chi si affanna a cercare una sicurezza per sé, costi quel che costi.
Chi ci perde è inevitabilmente il nostro umano.
Ma c'è una via per ricominciare!
(Clicca sulla foto)

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