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27/08/11

Commovente!

Una settimana fa, all'inizio del Meeting per l'amicizia fra i popoli, mi ero riproposto di tenere una specie di diario personale, per raccontare in presa diretta tutto ciò che avrei visto in quei giorni.
Amici, fatica, sonno, lavoro come volontario, caldo e pigrizia non me l'hanno permesso. Fiumi d'inchiostro e montagne di immagini sono stati prodotti per narrare a chi non c'era che cosa stava succedendo nella Fiera di Rimini. Testimonianze di vita, mostre bellissime, incontri affascinanti, giochi, sport, musica e spettacoli, uno più bello dell'altro: il Meeting dovrebbe durare almeno un mese.
Di una cosa voglio scrivere, uno spettacolo che ha visto il tutto esaurito fin dal primo giorno di vendita dei biglietti: "La penultima cena" di Paolo Cevoli, un monologo ininterrotto di due ore e passa in cui un cuoco romagnolo, nato nell'anno zero, "anzi doppio zero", uscito con un permesso speciale dall'aldilà, compare sulla scena a raccontare la sua vita e il suo incontro con Gesù, fatto di equivoci e di sguardi: "Io lo guardo, lui mi guarda, io lo guardo lui mi guarda". Una vita travagliata, da bambino nato in riva al mare rimasto solo e adottato da una grande centurione a cuoco di lusso. Una storia di sguardi, un cammino dello sguardo, dalla contemplazione del nonno pescatore, allo sguardo e alla sequela del sommo cuoco romano Apicio, all'incontro con gli occhi di Gesù, a quelli di Giuda, ai cristiani incarcerati al Colosseo in cui rivede gli occhi del Maestro, al pesce da cuocere: "quando l'occhio del pesce si sgonfia, è cotto".
Due ore e un quarto di risate, di battute fulminanti, di romagnolità tradotta in italiano con qualche excursus maccheronico nel latino - in fondo l'azione si svolge al tempo di Ottaviano Augusto fino al terribile Nerone.
In questo cammino dello sguardo il buon Paulus Simplicius Marone ci sta tutto, i suoi primi turbamenti e avventure amorose con la bionda Ingrida, una vera maestra nel confezionare i "wuster" e nel soddisfare Paulus, alla innamorata Liris rimasta incinta e abbandonata, a tutte le matrone di Roma incontrate tramite l'amicizia con il barbiere Filone, orge, banchetti luculliani, balletti verdi, meschinità, invidie, gelosie, business, in un andare e venire spumeggiante fra passato e attualità.
L'amore per la cucina e i soldi lo portano a continui tentativi di fare affari e ad altrettanti continui fallimenti, di cui spesso è causa questo strano personaggio di Palestina, che però, quando lo guardi ti smuove dentro un bulirone, ti mette confusione, Gesù. Paulus s'imbatte in lui, lo segue, ne equivoca il messaggio, ma non resta indifferente.
Assiste alla morte in croce del Maestro, al suicidio di Giuda, alla dispersione degli amici di Gesù; poi, arrestato per una falsa accusa, è condotto a Roma e condannato, come schiavo, a nutrire i leoni del Circo Massimo.
Roma è messa a fuoco, i cristiani accusati del delitto. Paulus incontra i cristiani, nei quali vede lo stesso sguardo di Gesù. Il capo del Colosseo gli ordina di non nutrire i leoni perché possano, affamati, assalire e divorare i cristiani nell'arena il giorno dopo. Paulus disubbidisce e, per questo, è messo a morte. Gli tagliano la testa, ma..."non si perde la coscienza subito e vedo Gesù che mi guarda. Mi dice: Paulus Simplicius Marone, sei un gran coglione, ma ti voglio bene". 
Sulla scena scende il buio. Qualche secondo e scrosciano applausi incontenibili; ci si alza in piedi. Sono passate più di due ore: non ci siamo nemmeno accorti.
La storia di Paulus Simplicius Marone non è altro che la storia stessa di Paolo Cevoli, un guitto, un comico, un uomo tanto intelligente e sensibile da far ridere e pensare tante persone, qualche migliaio, giovani, adulti, anziani, che hanno riempito fino all'inverosimile l'Arena D3 allestita al Meeting.
Qualcuno ha le lacrime per la commozione. Non è solo una pièce comica; è una vera testimonianza. L'uomo, tutto l'uomo, così com'è, in qualsiasi momento della storia incroci lo sguardo dell'ebreo Gesù, non può rimanere indifferente. Che ami le prostitute, che abbia come unico scopo nella vita il business, quando incontra quello sguardo cambia, può cambiare. "Allora capii le parole di quel Gesù: - Non c'è amore più grande di questo, dare la vita per gli amici" riflette fra sè Paulus mentre appoggia la testa sul "tagliere". L'esito è quel "Ti voglio bene" dettogli viso a viso da Gesù in persona. Gesù e i cristiani sono la stessa cosa.
Commovente! 
Grazie, Paolo. 
Sei un amico!

20/03/10

Contro chi sputa sui preti


Contro chi sputa sui preti

Ci scrive un missionario indignato per la campagna dei media sulla pedofilia




Sono in Italia da alcuni giorni e sono davvero amareggiato, addolorato per questi continui attacchi al Santo Padre, ai sacerdoti, alla Chiesa cattolica, usando la diabolica arma della pedofilia. E’ vero, questo argomento sembra interessare più a certi giornali e alle loro fantasie e allucinazioni che al pubblico: perché ho incontrato migliaia di persone e per lo più giovani, ma nessuno mi ha posto una domanda su questa questione. Il che significa che, sebbene esista questo flagello nel mondo e abbia intaccato anche la chiesa, con la dura, chiara e forte condanna del Santo Padre, siamo lontani anni luce da quel fenomeno di massa, come se tutti i preti fossero pedofili, come vogliono farci credere. Sono quarant’anni che sono sacerdote, sono stato in diverse parti del mondo, ho vissuto in brefotrofi, scuole, internati per bambini, ma non ho mai trovato un collega colpevole di questo delitto. Non solo, ma ho vissuto con sacerdoti, religiosi che hanno dato la vita perché questi bimbi avessero la vita. 




Attualmente vivo in Paraguay, la mia missione abbraccia tutto l’umano nella sua povertà, quell’umano gettato nell’immondizia dal sensazionalismo dei media. Da 20 anni condivido la mia vita con prostitute, omosessuali, travestiti, ammalati di Aids, raccolti per le strade, negli immondezzai, nelle favelas e me li porto a casa dove la Provvidenza divina ha creato un ospedale di primo mondo come struttura architettonica, ma paradisiaco come clima umano. E in questa “anticamera del Paradiso”, come lo chiamano loro, li accompagno al Paradiso. Hanno vissuto come “cani” e muoiono come principi. Vicino alla clinica, sempre la Provvidenza ha creato due “case di Betlemme” per ricordare il luogo dove è nato Gesù, che raccolgono 32 bambini, molti di essi violentati dai patrigni o dal compagno occasionale della “madre”. Tutti i giorni ho a che fare con situazioni terribili e indescrivibili. Spesso non ho neanche la capacità di leggere i referti delle assistenti sociali, tanto sono orrende le violenze sessuali subite dai miei bambini. Eppure, dopo alcuni mesi che sono con noi, respirano un’altra aria, quell’aria che solo il fatto cristiano e l’amore di noi sacerdoti contro cui i mostri del giornalismo si scagliano, facendo di ogni erba un fascio. Aveva ragione Pablo Neruda quando definiva certi giornalisti “coloro che vivono mangiando gli escrementi del potere”. 


La certezza che “io sono Tu che mi fai” che sono frutto del Mistero e non l’esito dei miei antecedenti, per quanto pessimi possano essere stati, si trasmette come per osmosi nel cuore dei miei bambini che ritrovano il sorriso. Come si trasmette anche sui “mostri” (se così vi piace chiamarli voi giornalisti… a cui tanto assomigliate per la vostra ipocrisia) parlo di quelli che sembrano divertirsi a sputare contro la chiesa) che in fondo a loro volta, spesso, sono vittime e carnefici, vittime da piccoli e carnefici da grandi, avendo vissuto come bestie. Il mio cuore di prete mentre do la mia vita per questi innocenti non può non dare la vita, come Gesù, anche per coloro di cui Gesù ha detto con parole fortissime “prima di scandalizzare uno di questi piccoli è meglio mettersi una macina da mulino al collo e buttarsi nel profondo del mare”. 

Sono solo alcuni esempi, di milioni, della carità della chiesa. Mi fa soffrire questo sputare nel piatto nel quale, Dio lo voglia, anche certi morbosi giornalisti, un domani si troveranno a mangiare, perché se uno sbaglia non significa che la chiesa sia così. Questa chiesa che è il respiro del mondo. Non vi chiedete cosa sarebbe di questo mondo senza questo porto di sicura speranza per ogni uomo, compresi voi che in questi giorni come corvi inferociti vi divertite sadicamente a sputare sopra il Suo Casto Volto? Venite nel terzo mondo per capire cosa vuol dire migliaia di preti e suore che muoiono dando la vita per i bambini. Venite a vedere i miei bambini violentati che alcuni giorni fa prima di partire per l’Italia piangevano chiedendomi: “Papà quando torni?”. 




Non voglio strappare le lacrime a voi che siete come le pietre ma solo ricordarvi che anche per voi un giorno quando la vita vi chiederà il “redde rationem vilicationis tuae” questa chiesa, questa madre contro cui avete imparato bene il gioco dello sputo, vi accoglierà, vi abbraccerà, vi perdonerà. Questa madre, che da 2000 anni è sputacchiata, derisa, accusata e che da 2000 anni continua a dire a tutti coloro che lo chiedono: “Io ti assolvo dai tuoi peccati, nel nome del Padre, del Figlio, dello Spirito Santo”.

Questa madre, che sebbene giudichi e condanni duramente il peccato e richiami    duramente il peccatore reo di certi orrendi delitti, come la pedofilia, non chiude e non chiuderà mai le porte della sua misericordia a nessuno.  Mi confortano le parole di Gesù “le porte dell’inferno non prevarranno mai”. Come mi conforta l’immensa santità che trabocca dal suo corpo di “casta meretrix”.
Allora non perdiamo tempo dietro i deliri di alcuni giornalisti che usano certi esecrabili casi di pedofilia per attaccare l’Avvenimento cristiano, per mettere in discussione la perla del celibato, ma guardiamo le migliaia di persone, giovani in particolare, incontrati personalmente in una settimana di permanenza in Italia che credono, cercano e domandano alla chiesa il perché, il senso ultimo della vita e che vedono in lei l’unica possibile risposta. 

Personalmente mi preoccupa di più l’assenza di santità in molti di noi sacerdoti che altre cose per quanto gravi e dolorose siano. Mi preoccupa di più una chiesa che si vergogna di Cristo, invece che predicarlo dai tetti. Mi preoccupa di più non incontrare i sacerdoti nel confessionale per cui il peccatore spesso vive quel tormento del suo peccato perché non trova un confessore che lo assolva. Alle accuse infamanti di questi giorni urge rispondere con la santità della nostra vita e con una consegna totale a Cristo e agli uomini bisognosi, come non mai, di certezza e di speranza. Alla pedofilia si deve rispondere come il Papa ci insegna. Però solo annunciando Cristo si esce da questo orribile letamaio perché solo Cristo salva totalmente l’uomo. Ma se Cristo non è più il cuore della vita, allora qualunque perversione è possibile. L’unica difesa che abbiamo sono i nostri occhi innamorati di Cristo. Il dolore è grandissimo, ma la sicurezza granitica: “Io ho vinto il mondo” è infinitamente superiore.





Padre Aldo Trento, missionario in Paraguay

13/02/10

Stasera ho incontrato Gesù

Stasera ho incontrato Gesù, in piazza Gramsci, piazza Santa Rita, alla fermata dell'autobus, alle 20,10.
Era biondo, ubriaco, con l'accento straniero e vestito da donna. 
Era lì da solo, l'amica l'aveva invitato a salire sull'autobus in modo rude; lui le aveva risposto non so che; non capisco il russo.
"Scusa, signore, posso usare il tuo telefonino. Il mio è scarico, metto la scheda. Gli uomini bisogna tagliare tutto. Perché il telefono si scarica e finisce la scheda quando è bisogno?" 
Apriamo i cellulari, togliamo le schede; introduco la sua nel mio cellulare e arrivano 1.2.4.6.7.8 messaggi. 
"L'ultimo qual è?" 
Si avvicina, mi sfiora la spalla, si appoggia leggermente per leggere. L'odore dell'alcool è evidente e singhiozza ripetutamente.
"Mi scusa, signore, oh...questo, come si chiama questo?" 
"Singhiozzo". 
E' allegra, senza inibizioni. 
"Questo numero è di Roma" 
"No, è di Russia" 
"Ah, sì, non è italiano. Ecco anche questo viene dalla Russia" 
"Come fai a dire tu che è di Russia?" 
"Me lo hai detto poco fa" 
"Ah, ecco leggi, questo numero: ecco io ricordo. Leggi...chiama. Ecco io chiamo lui; lui dopo chiama me. Uomini tagliare questo: cosa voi tagliare uomini? Questo e questa" accennando alla gola e ad un'altra parte del corpo.
Aspettiamo e lui chiama. 
"Mario, sono qui, vicino Mercato Coperto. Vieni. Grazie, signore. Perché tu sei qui?" 
"Aspetto l'autobus per andare a casa" 
"Dove?" 
"Qui vicino, alla Fiera vecchia" 
"Signore, ti do mio numero. Vuoi? Tu vivi da solo? Sai, se tu bisogna, noi donne russe lavoriamo" 
"Ho un'amica russa, che abita al grattacielo". 
Tace, si allontana un poco.
"Grazie, signore, grazie per tuo aiuto, grazie" mi risponde con grande dignità.
Così, biondo, sui 40 anni, sfigurato dall'alcool, mi ha chiesto aiuto. Lui che è il Signore di tutto.
Mi allontano, gli autobus che dovevo prendere mi sono passati già tutti davanti; mi avvio a piedi fischiettando. La luna sopra il tetto della chiesa. Il mio cuore comincia a battere in modo strano, lento, cupo e profondo. Non qui, Ti prego, 
Mi attacco ad un palo; passa il mio amico Daniele, compagno del Liceo, non ricordo più il suo nome; un auto avanza con l'allarme acceso. 
L'ultimo autobus si avanza, sono fuori dalla fermata, tento, alzo la mano, si ferma e mi fa salire.
"Grazie" Il cuore non accenna a riprendere il suo ritmo. 
Non adesso, per favore.
Che dolore, che solitudine, questa figlia di Dio venuta da lontano! Forse si fa coraggio con l'alcool. La rivedo bambina, nata per Lui anche lei, lontana da casa, senza amici e qualche uomo con cui stare un'ora o una notte. Che dignità nel ringraziarmi! 
Gesù mi è venuto incontro così, stasera, in una piazza semibuia semideserta, al chiaro di luna, in un giorno d'inverno. 
Biondo, ubriaco e in attesa, chiedendomi un favore, un piccolo aiuto, Lui, che è il Signore di tutto.

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