23/07/11

Alma risplende di bellezza senza i suoi preziosi capelli


Se un uomo reca in sè un grande amore, questo amore gli da quasi ali, e sopporta più facilmente tutte le molestie della vita, perché porta in sé questa grande luce; questa è la fede: essere amato da Dio e lasciarsi amare da Dio in Cristo Gesù. Questo lasciarsi amare è la luce che ci aiuta a portare il fardello di ogni giorno. E la santità non è un'opera nostra, molto difficile, ma è proprio questa "apertura": aprire le finestre della nostra anima perché la luce di Dio possa entrare». Sua Santità Benedetto XVI ha pronunciato queste parole durante l'udienza generale di mercoledì 17 febbraio, parlando di san Giovanni della Croce.
Alma è una bellissima ragazza di diciassette anni affetta da un cancro alle parti molli del corpo. È arrivata alla clinica disperata e per di più senza certezze, solo con un vago sentimento religioso che le veniva dalla sua "appartenenza" ai mormoni. "Appartenenza" tra virgolette perché non è possibile appartenere a un'idea, a una parola, a una setta. E Alma si è resa immediatamente conto, quando ha varcato la soglia della clinica, che tutto quello che aveva "creduto" fino ad allora non aveva niente da dirle in quel momento drammatico. Per questo motivo la disperazione per la sua malattia, una disperazione ancor più lacerante, ha invaso la sua vita quando il medico, dicendole che era necessaria la chemioterapia, le ha spiegato che avrebbe potuto perdere la sua lunga e bellissima capigliatura. I primi giorni furono terribili, e solo la presenza di sorella Sonia, con la sua entusiasmante vita di fede, a poco a poco ha fatto sì che nel cuore di Alma si creasse quell'apertura di cui parla il Papa. Non poteva nemmeno immaginarsi senza capelli, soprattutto con il dubbio che la sua guarigione fosse impossibile. I familiari e il fidanzato hanno fatto di tutto per alleviare con l'affetto le sue condizioni psicologiche. Ma niente riusciva a sollevarla, anche perché tutti loro erano mormoni. E tuttavia la Provvidenza divina si è servita di due persone perché Alma lasciasse aperta una fessura nel suo cuore, in modo tale che il Mistero potesse entrare: sua nonna Maria e sorella Sonia. La nonna, donna di fede adamantina, cattolica da sempre, aveva sofferto molto quando i figli e i nipoti avevano lasciato la Chiesa, e tutta la sua vita era stata una supplica constante affinché tornassero alla fede cattolica. E così, venendo in clinica a trovare sua nipote Alma, le ha detto, in modo molto chiaro e apparentemente duro: «Nipotina mia, Dio ti ha portato qui per farti una grazia, la grazia più bella e grande che si possa ricevere nella vita, quella di conoscere e amare Gesù, ricevendo i sacramenti. La tua malattia è per la vita e io desidero che trovi la vita, che è Cristo Eucaristia». Alma, provocata dalle parole della nonna, alla quale è molto affezionata, continuava a pensarci e chiedeva a sorella Sonia di aiutarla a capire che cosa significa essere cattolici, ricevere i sacramenti e così via. E sorella Sonia, giorno dopo giorno, la formava a poco a poco, più che con le parole con il sorriso e l'affetto che il suo volto pieno di luce esprimeva e che, da quando si trova qui alla clinica, è lo strumento più potente di cui si serve il Mistero affinché i malati incontrino Cristo. Giorno dopo giorno il volto di Alma si andava trasfigurando e l'angoscia per la caduta dei capelli, conseguenza della chemioterapia, ha trasformato la sua vita in un'offerta a quel Mistero in cui aveva sempre creduto e che adesso assumeva i bei tratti del volto di Cristo. La fede ricevuta con il battesimo, grazie alla nonna, e fondata attraverso gli anni su una visione religiosa disumana come quella che le avevano inculcato i mormoni, finalmente cominciò a far nascere sulle sue labbra un sorriso pieno di nuova luce, con cui riceveva chi l'andava a trovare. Non c'era una volta - quando entravo nella sua stanza e la trovavo con un fazzoletto in testa che nascondeva la mancanza dei capelli - che non mi ricevesse con un sorriso, e quando le chiedevo come stava, rispondeva, sempre sorridendo: «Molto bene, padre».

I primi sacramenti
Arrivato il giorno della prima confessione, comunione e cresima, sprizzava gioia da tutti i pori. Si è vestita come una sposa il giorno del matrimonio, regalando a tutti i malati, infermieri e amici, un'immaginetta per ricordo, ma soprattutto la sua grande gioia. Lei stessa ha voluto scrivere qualche parola ricordando l'evento che ha cambiato la sua vita: «Domenica 13 febbraio è stato il giorno più felice della mia vita perché ho ricevuto Gesù nascosto nell'ostia. D'ora in poi so che Gesù starà con me sempre e ogni volta che parteciperò all'Eucaristia mi ricorderò di Lui. Mi sono resa conto che ricevendolo a diciassette anni sono più consapevole di questo dono». Da quel momento la sua vita è cambiata, e non perché il cancro sia scomparso o perché alla fine del trattamento le siano ricresciuti i capelli, ma perché ha sperimentato personalmente l'amore di Dio. In lei si sono fatte carne le parole del Papa: «Se un uomo reca in sé un grande amore, questo amore gli da quasi ali, e sopporta più facilmente tutte le molestie della vita, perché porta in sé questa grande luce; questa è la fede: essere amato da Dio e lasciarsi amare da Dio in Cristo Gesù. Questo lasciarsi amare è la luce che ci aiuta a portare il fardello di ogni giorno. E la santità non è un'opera nostra, molto difficile, ma è proprio questa "apertura": aprire le finestre della nostra anima perché la luce di Dio possa entrare». Alma, per grazia di Dio, è ancora viva, continua a lottare contro il tumore, ma non è il tumore la sua principale caratteristica, è questa apertura, sono queste finestre aperte della sua anima che lasciano entrare la luce di Cristo che riceve ogni giorno con l'Eucaristia. Alma è la dimostrazione evidente della vittoria di Cristo, che Cristo è più forte e potente del cancro, vittoria di Cristo che lei vive con tutti, dal rapporto con il fidanzato che la accompagna a tutte le persone che la vengono a trovare. Per me queste ultime settimane sono state difficili, non solo per tutto il dolore che mi circonda e che sento mio, nella mia impotenza, ma anche perché il Signore sembra chiedermi di più ogni giorno, passando attraverso una grande aridità del cuore. E tuttavia, ogni giorno, alzandomi con un umore totalmente negativo, il mio primo pensiero va a quello sguardo pieno di stupore di Alma, nel momento in cui ha ricevuto la Prima Comunione, ed è lo stesso sguardo che ha cambiato in un istante la vita di Zaccheo. E fin dal mattino il mio cuore si riempie di pace e il giorno va avanti non per obbligo o forza d'inerzia ma con l'entusiasmo di chi si sente amato, appartenente. È come se invece dei piedi, che spesso sembrano pesanti, avessi ali per la coscienza del pensare a quel Tu che domina, permettendomi non solo di sopportare, ma di considerare una grande grazia le preoccupazioni della vita. E non perché cambi l'emotività, perché lo stato d'animo si trasformi, ma perché quella Presenza che riempie i miei occhi, come è successo a Giovanni e Andrea, mi permetta di interpretare qualsia-si circostanza come un continuo incitamento a dire "Tu, oh mio Cristo". Il Mistero non mi sta risparmiando niente, mi tiene con Lui, vicinissimo alla croce. Provo un terribile senso di impotenza che mi leva anche la voglia di ridere con gli amici, ma percepisco chiaramente che attraverso questo momento Cristo vuole che sia completamente suo, permettendomi di gridare continuamente: «Se non fossi tuo o mio Cristo sarei una creatura finita». Per questo alle tante persone che mi scrivono e condividono con me molte malattie dell'anima o della psiche voglio augurare che abbiano la libertà, non importa come, di vedere il volto del Mistero, di riconoscere che è presente nelle circostanze che vivono, sostenuti da un volto - ne basta uno - in cui la Sua Presenza si rende evidente. Il Mistero si manifesta con modalità impreviste e diverse, ma tutte caratterizzate da una tenerezza umana. Sta a noi la libertà, come afferma il Santo Padre, di lasciare le finestre aperte perché Lui possa entrare. «La santità non è un'opera nostra, molto difficile, ma è proprio questa "apertura": aprire le finestre della nostra anima perché la luce di Dio possa entrare». Che pace infondono - nel cuore di chi è continuamente vittima del moralismo, del volontarismo - queste parole che non ci permettono di guardare all'umano (malattia, depressione, fragilità) con simpatia, senza renderci conto che l'unica cosa che ci richiede il Mistero è lasciarci amare da Lui! Dio mio, che consolazione pensare ai tormenti che ho vissuto a causa di un'educazione cristiana timorosa della vita e oggi, al contrario, vibrare con la certezza che l'unica cosa che Dio mi richiede è di abbandonarmi, come un bambino, nelle sue braccia misericordiose! In questi mesi, quante lettere ho ricevuto, piene di disperazione, una disperazione provocata anche da un'educazione cristiana ridotta a semplice moralismo e che ha addirittura provocato problemi psichici a tanti amici. Per questo è urgente prendere sul serio le parole del Santo Padre, guardare quelle persone, come Alma, che nel dolore più terribile vivono con il cuore aperto al Mistero in un abbandono totale alla Sua volontà. Il cristianesimo è veramente una vita, è la tua umanità, come la mia, presa in carico da Cristo. Si può vivere soltanto commossi, e la commozione nasce quando la luce del Mistero riempie i tuoi occhi.
Padre Trento
da Tempi 6 aprile 2011

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