13/07/11

Le rondini volano sul Sass d’Adam

“Io sono stonata come una campana arrugginita; però da quando ho sentito i giessini cantare, ho cominciato a cantare anche io e non mi sono fermata più” (Caterina)
A 2430 metri, sullo piccolo scoglio sospeso nel cielo del Buffaure - non so se le rondini volano fin quassù - 200 ragazzini delle Medie, compunti e silenziosi avanzano in una lunga fila indiana, seguendo uno strano prete di nome Bubi, fra due strapiombi verdeggianti, su un sentiero stretto, il sole che incombe e le nubi che li proteggono. Dalla forcella al rifugio una larga strada sassosa fa scivolare ad ogni passo. Calma. Riposo, Si mangia. C’è chi preferisce un funghetto sconosciuto ritrovato nei campi ad alta quota. Terrore. Morte o vita? Questa volta è andata bene. Chissà come si chiamava? Il fungo, ovviamente.
L’albergo risuona di urla, campanelli e porte sbattute. Scalpiccìo di passi frettolosi e complici. Scuse improbabili e facce da schiaffi. La sera prima di dormire (chissà!) è questa l’attività dei ragazzi. Si rendono visita nelle camere, omaggiano le ragazze, sempre innocenti, per carità!: “Sono entrati loro nella nostra stanza…”  I ragazzini di questa età, si sa, sanno attraversare muri e porte chiuse… Si affannano gli adulti e i ragazzi grandi, poi tutto tace. Solo la luna veglia dall’alto e gli alberi del bosco teneramente li cullano nel sonno col lento stormire del vento fra i rami degli alti abeti centenari.
La pioggia è stata discreta. Solo di notte, nel buio e leggera, rinfresca l’aria. Ogni mattina il cielo limpidissimo ci chiama all’azione. Giochi, grandi giochi, giochi a squadre, a doppie squadre. Punti per la classifica e punti nei piedi. C’è chi, per giocare con l’acqua e un’amica, affida il suo piede in caduta a un’asse assassina. Sangue, tanto sangue, lago di sangue e urla. Acqua, tanta acqua e un dottore premuroso che cuce la pelle, come solo le vecchie massaie sapevano fare. Le ragazzine di oggi, bellissime come in ogni tempo, si curano le trecce, lo smalto alle unghie, le moine ai ragazzi ed anche le botte. Non si fanno mica mettere sotto!
La festa, che festa! La festa finale, con canti, le danze. Ognuno ci mette del suo. Chi va a scuola di danza ne dona un saggio a tutti, chi osa cantare Battisti con voci divine, chi fa indovinelli, chi gioca, chi suona, il violino o l’armonica. Un grande Maestro dirige l’insieme. Chi ascolta, stupisce; ognuno ci mette qualcosa, perfino chi tace.
Il tiro alla fune, la rubabandiera figurata, il supercalcio a 40 elementi, la palla scalpo a squadrette. Si combatte, si grida, si accusa l’arbitro e gli avversari di frode. La passione è al massimo. La tensione infuoca gli animi. La giessina più giovane del mondo gira qua e là stupita e incantata, sorridendo eccitata. Perfino le montagne, solide e compassate, si commuovono. Anche loro così impassibili e “british” partecipano a questa festa di vita ordinaria e quotidiana, a questa ricerca dell’oro, che vede coinvolti ragazzini e ragazzine di tutti i giorni, così preziosi agli occhi di Dio e del mondo intero. “Stiamo cercando l’oro” è il canto di questa vacanza. Uno parte da solo e si ritrova insieme a tanti altri cercatori scoprendo che così c’è più gusto a trovare l’oro, l’oro della vita. La natura intorno, gli amici, la compagnia, tutto parla di Colui che è tra noi. L’oro che andiamo cercando è Lui.
Quattro uccellini, quattro piccoli di fringuello di montagna pigolano la loro fame. Il nido, caduto per il vento, è stato raccolto da piccole mani pietose e nascosto dietro un cespuglio di cipresso all’ingresso dell’albergo. Nessuno li infastidisce; babbo e mamma fringuello si alternano con vermetti nel becco. Temono, si avvicinano e si allontanano: gli uomini sono troppo vicini. E’ dura dar da mangiare a 200 bocche affamate e vogliose di gioco, di scherzi e dispetti. Ai pasti si prega, si urla, si litiga, si fa i graziosi, si spreca il pane e si getta l’acqua. Tutto fa parte della vita. Ognuno è come è e va bene così. I chiari richiami e gli avvisi che il provvido Bubi elargisce al megafono sono accolti da ognuno nella misura della propria libertà. Tutto della vita sta dentro questa amicizia strana, che fa stare bene anche quando si sta male, quando la testa scoppia e la pancia duole, quando c’è febbre e vomito. Tutto ci sta.
Due amici grandi hanno viaggiato fin qui da lontano per raccontarci di sé e della loro casa, del loro lavoro insieme a ragazzi disabili. “Anche noi disubbidivamo, eravamo ribelli, un po’ delinquenti e poi…” Tante domande, semplici risposte. “Perché Bubi sta con voi?” “Si vede che ci vuole bene e vuole la nostra felicità”. “E voi?” Sono incantati. E’ possibile vivere così, anche da grandi. No, più vai avanti e meglio è. “E il meglio sta per accadere” dice la copertina del libretto fatto per pregare, ogni giorno, prima di ogni azione, gita, gioco, canto, incontro.  Tutto della vita. “Mi sono divertito; mi sono divertita”. Tutto, anche i richiami, i rimproveri, i castighi. Adulti che aiutano i ragazzi, amici studenti più grandi che cantano, invitano a cantare, che giocano e invitano a giocare. Amici cui dare del tu, come fratelli maggiori. La Messa in montagna, perché sia chiaro Chi ci accompagna, nella fatica e nella gioia. I preti, amici, che mostrano l’Amico.
Su e giù per le montagne, scarponi ai piedi e funivia. Pareti a strapiombo da contemplare maestose. Torri che s’innalzano nel cielo e boschi freschi e odorosi. Prati incantati su cui stendersi, rocce aguzze da rispettare. Oche querule e stabbio di montanari. Sentieri stretti e rifugi accoglienti. “Si va sulla montagna…” Si va, come si può, come c’invitano e come siamo capaci di seguire, aiutandosi, sostando, chiacchierando, bevendo. Come si suda, anche sui 2000!
Coi pulman percorriamo la valle. Gli autisti sono cortesi. Son sempre lì. Per noi. A Campitello per i giochi, a Pozza, Campestrin, Canazei. Canazei. La notte in cui abbiamo cantato. Seduti, in ordine, maschi di qua femmine di la, sotto la grande campana di legno, sugli scalini in pietra. Canti alpini, canti buffi, canti semplici, canti intensi. Voci aperte, voglia di esserci, stonati o no. Che coro! La gente si ferma, i passanti chiedono: “Chi siete? Che bello!” I grandi Maestri si alternano a dirigere questo coro improvvisato e felice. Gli amici grandi fanno il coretto, invitano al mimo. Si canta e si mima, parole dei canti commentate a gesti. Ed ora torniamo a casa. E’ notte. Silenzio. Famiglie e bambini riposano già. Non sono da svegliare. Non è mai successo prima: si salgono le scale in silenzio, si va in camera, ci si lava e si dorme. Per una volta. Chissà se l’ultima notte…
Ed ecco. Si deve partire. Ci aspettano a casa. Non tutto è finito. Abbiamo trovato l’oro. La solita strada, gli amici, i nostri fratelli e sorelle, il babbo, la mamma, la spiaggia e lo studio, la prossima scuola, il dolore, i libri, i giochi, le cose normali, le nostre cose di ogni giorno. Quell’oro che abbiamo  trovato è per sempre. Là, qui. Ogni giorno è l’avventura. Tutti i giorni alla ricerca. Amici, compagni, non più soli. “Come ho fatto non lo so di pensare di partire solo…”

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