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13/04/10

Lettera ai cristiani d'occidente

Questa mattina mi sono svegliato presto, dopo essere andato a dormire presto. A Rimini piove. Ho fatto la doccia, mi sono vestito ed ho fatto colazione. Tutti atti molto normali, quotidiani. Nell'attesa dell'autobus che mi porterà a scuola, ho ascoltato la lettura del libro di don Giussani consigliato come meditazione per quest'anno.
Parla della carità e cita una lettera scritta molti anni fa da un teologo cecoslovacco. Ricordo bene: era fondamentale allora; lo è ancor oggi, nel momento in cui la Chiesa è attaccata e messa in discussione.
Eccola:
Lettera ai cristiani d'Occidente
Josef Zverìna
Nel 1970 il grande teologo cecoslovacco scrisse questa lettera che consegnò a due amici italiani affinché la portassero oltre la cortina di ferro.
«Fratelli, voi avete la presunzione di portare utilità al Regno di Dio assumendo quanto più possibile il saeculum, la sua vita, le sue parole, i suoi slogans, il suo modo di pensare. Ma riflettete, vi prego, cosa significa accettare questa parola. Forse significa che vi siete lentamente perduti in essa? Purtroppo sembra che facciate proprio così. È ormai difficile che vi ritroviamo e vi distinguiamo in questo vostro strano mondo. Probabilmente vi riconosciamo ancora perché in questo processo andate per le lunghe, per il fatto che vi assimilate al mondo, adagio o in fretta, ma sempre in ritardo. Vi ringraziamo di molto, anzi quasi di tutto, ma in qualcosa dobbiamo differenziarci da voi. Abbiamo molti motivi per ammirarvi, per questo possiamo e dobbiamo indirizzarvi questo ammonimento. 
"E non vogliate conformarvi a questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente, affinché possiate distinguere qual è la volontà di Dio, ciò che è bene, ciò che gli è gradito, ciò che è perfetto" (Rm 12,2). 
Non conformatevi! Mè syschematízesthe! Come è ben mostrata in questa parola la radice verbale e perenne: schema. Per dirla in breve, è vacuo ogni schema, ogni modello esteriore. 
Dobbiamo volere di più, l'apostolo ci impone: "cambiare il proprio modo di pensare in una forma nuova!" - metamorfoûsthe tê anakainósi toû noùs. Come è espressiva e plastica la lingua greca di Paolo! Di contro a schêma o morphé - forma permanente - sta metamorphé - cambiamento della creatura. Non si cambia secondo un qualsiasi modello che è comunque sempre fuori moda, ma è una piena novità con tutta la sua ricchezza (anakainósis). Non cambia il vocabolario ma il significato (noûs). 
Quindi non contestazione, desacralizzazione, secolarizzazione, perché questo è sempre poco di fronte alla anakaínosis cristiana. Riflettete su queste parole e vi abbandonerà la vostra ingenua ammirazione per la rivoluzione, il maoismo, la violenza (di cui comunque non siete capaci). 
Il vostro entusiasmo critico e profetico ha già dato buoni frutti e noi, in questo, non vi possiamo indiscriminatamente condannare. Solo ci accorgiamo, e ve lo diciamo sinceramente, che teniamo in maggior stima il calmo e discriminante interrogativo di Paolo: "Esaminate voi stessi per vedere se siete nella fede, fate la prova di voi medesimi. O non conoscete forse neppure che è in voi Gesù Cristo?" (2 Cor 13,5).
Non possiamo imitare il mondo proprio perché dobbiamo giudicarlo, non con orgoglio e superiorità, ma con amore, così come il Padre ha amato il mondo (Gv3,16) e per questo su di esso ha pronunciato il suo giudizio.
Non 
phroneîn - pensare -, e in conclusione hyperphroneîn - arzigogolare -, ma sophroneîn - pensare con saggezza (Cfr. Rm 12,3). Essere saggi così che possiamo discernere quali sono i segni della volontà e del tempo di Dio. Non ciò che è parola d'ordine del momento, ma ciò che è buono, onesto, perfetto. 
Scriviamo come gente non saggia a voi saggi, come deboli a voi forti, come miseri a voi ancor più miseri! E questo è stolto perché certamente fra di voi vi sono uomini e donne eccellenti. Ma proprio perché vi è qualcuno occorre scrivere stoltamente, come ha insegnato l'apostolo Paolo quando ha ripreso le parole di Cristo, che il Padre ha nascosto la saggezza a coloro che molto sanno di questo (Lc 10,21)»

02/04/10

Il martirio di Lourdes

Da: padre Aldo TRENTO 
Data: Mon, 29 Mar 2010 18:23:34 -0300

Cari amici,
nella scuola di comunità si parla della carità come “dono commosso di sé”. Oggi, domenica delle palme, la liturgia ci introduce a toccare con mano questa verità, che non può non diventare carne nel rapporto con se stessi e con gli altri. Vi mando tre foto. Sono la descrizione concreta della carità come dono commosso di sé. Nella sedia a rotelle c’è la piccola Lourdes, con metastasi in tutto il corpo. Ha 9 anni ed è la secondogenita di 5 fratellini. Muove solo gli occhi, sorride sempre, alza la mano destra con la quale cerca di alzare anche il braccio sinistro. È arrivata da noi per morire, secondo i medici però (per grazia di Dio) non  è detto che avvenga. Fra parentesi molti malati “terminali” che sono venuti qui, ora sono a casa loro, o, quelli abbandonati per l’AIDS, nella nostra fattoria. Miracolo della carità, come dono commosso di sé. La piccolina, la mia Lourdes (mi vuole un sacco di bene), è assistita dalla giovane mamma le 24 ore. Un giorno abbiamo chiesto a Lourdes: “Vorresti ricevere Gesù facendo la prima comunione?” il suo sguardo si illuminò. Preparandola alla prima comunione, ci siamo resi conto che voleva un regalo: che i suoi genitori ricevessero il Sacramento del Matrimonio. La Hermana Sonia parlò con loro che, di fronte alla richiesta della loro bambina, annuirono. E cosi oggi, domenica delle palme, è accaduto il miracolo. Arrivato il momento del “sì”, la piccola Lourdes si è messa a piangere dalla commozione, dalla felicità. Cercava di alzare la testa per guardare in faccia i genitori ma non ci riusciva. I suoi occhi brillavano commossi e felici. Una volta in più ho colto due cose: la carità è dono commosso di sé e se il grano di frumento non muore, non dà frutto. Il martirio di Lourdes è l’origine della pietà divina che ha permesso di dare il voto sacramentale a quella unione. Lourdes ha dato la vita per i suoi genitori. Come vorrei, cari amici, che possiate solo immaginare la gioia della piccola, dentro  tutto il dolore, nel sentire il “sì” per tutta la vita di quel giovane padre e di quella giovane madre! Arrivato il momento della sua prima comunione, dovevate vedere il volto di Lourdes. Il modo in cui ricevette Gesù è indescrivibile. A me sono rimaste le lacrime e l’incapacità di parlare. Capite cosa voglia dire “dono commosso di sé”? Cosa voglia dire “io sono Tu che mi fai”? Cosa significhi “guardare in faccia a Cristo”? Guardate le foto. È Gesù che all’inizio della Settimana Santa ci fa partecipi della Sua gloria. Come vorrei che tutti capissero anche la bellezza del Sacramento del Matrimonio, per il quale la mia piccola Lourdes ha dato la vita rispetto ai suoi genitori! Guardando lei pensavo ai miei 32 figli piccoli della casetta di Betlemme che ogni giorno mi riempiono di letterine che dicono la cosa più bella e semplice del mondo: “Per il mio papà Aldo: ti amo perché sei il migliore papà del mondo” e un cuore rosso raffigurato. Qualcuno, a ragione, dirà: “Esagerato”. Ma per chi non ha avuto nessuno o è stato violentato, percepisce che la verginità è l’unica forma di paternità e rende l’uomo capace di un amore impossibile senza questa grazia.
Buona Pasqua cari amici, mi affido alle vostre preghiere.
P. Aldo

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