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19/07/12

Concerto in fa maggiore per silenzio e pastori tedeschi

Se fossi diventato un pianista - come lo sono nell'animo, ma non nei fatti per sciocco orgoglio infantile - sarei stato un ottimo direttore d'orchestra ed un eccellente compositore. Ne sono certo. 
Spesso mi capita di comporre per strada, fischiettando, brani classici, di notevole complessità, intrascrivibili ed incomunicabili data la mia profonda ignoranza musicale, di gran lunga inferiore a quella dei "miei" ragazzini delle Medie. Nè è sufficiente a colmare la lacuna il mio gusto nell'ascolto di ogni genere musicale, la partecipazione ai concerti della Sagra Musicale Malatestiana dal backstage per essere più vicino all'orchestra e vedere in fronte i gesti e le espressioni dei vari Dirigent, tanto meno i brividi e la commozione che mi percorrono all'ascolto del pianista. Musicista mancato!
Ecco, una delle mie opere, oltre a "Le quattro stagioni in Piazza Cavour", sarebbe stata il "Concerto in fa maggiore per silenzio e pastori tedeschi". 
Ho composto le prime battute sulla strada per San Martino Montelabate, ascoltando il sordo continuo rumore dell'autostrada, che corre alla base della collina e che accompagna in sottofondo ogni azione diurna e notturna di chi ha la grazia di vivere in questa amena collinetta, che sovrasta immobile da tempi indefiniti il moderno e poco utilizzato aeroporto Federico Fellini di Rimini.
E' un luogo che amo in modo particolare fin dalla prima volta in cui venni ad abitare qui negli ultimi anni '70 del secolo scorso. Sono tornato "per grazia di Dio e volontà della nazione", cioè per decisione sofferta e meditata degli amici preti, che mi hanno chiesto di andarmene da una casa a Rimini, per incompatibilità caratteriale e per il bene di tutti.
Chi mi conosce sa bene che il mio desiderio sarebbe quello di fare il giramondo; c'è chi dice, fra gli amici, che ho la vocazione del barbone tipica dei nobili decaduti mentre io mi picco di voler essere un mendicante. 
Sta di fatto che il buon Dio, che è sempre buono anche quando ha voglia di scherzare, mi ha fatto la grazia di girovagare per le parrocchie di questa particella di Romagna dove sono nato, al seguito di un amico, che negli anni mi ha raccolto e sopportato pazientemente, don Bubi, meglio noto (a pochi) come Don Stefano Vendemini da Dogana di San Marino, attualmente titolare della chiesa di San Martino Montelabate.
Mi corre il dovere di ricordare con animo grato l'amico don Marino, per gli amici "Marischia" data la sua proverbiale intelligente ironia e furbizia ("fés-cia" espressione dialettale italianizzata in "fischia"). Per due mesi mi ha accolto in casa sua e mi ha fatto compagnia, discreto, apprensivo e frizzante nella sua capacità di sdrammatizzare la mia situazione un po' destabilizzante.
Ecco il motivo del Concerto! 
Le note caratteristiche di S. Maria in Cerreto, un incantevole pezzo di campagna riminese, ultimo lembo di pianura adagiato ai piedi della collina di San Patrignano, notissima nel mondo, erano due: il silenzio, davvero profondo e amico, e l'abbaiare furioso dei due cani-lupo, che il mio amico tiene e nutre doverosamente perché tengano lontani zingari-ladri e amici o parrocchiani importuni. Ben riparati dietro un cancello posto a difesa dei malcapitati e opportunamente educati come le storiche famosissime oche del Campidoglio, non permettono l'avvicinamento a meno di 50 metri (200 metri la notte) a nessun essere vivente che cammina su due gambe, foss'egli Presidente della Repubblica o Eccellenza Episcopale, innocente fanciulletto/a o questuante ingannatore.
E' un concerto naturale inimitabile, una sorta di ossimoro enallattico, degno del miglior Rachmaninov o dell'inimitabile Stravinskij e, mentre si può gustare il frinire delle cicale e il lieve brusio delle spighe mosse dal vento maggiolino, il discreto gracidare delle raganelle o l'acuto silenzio delle stelle, esce improvviso il rauco abbaiare di Tak o di Pinny, il maschio giovane e l'attempata femmina "tedeschi". 
Dio benedica chi sa offrire questo crudo intenso irrompere di suoni potenti e decisi nel bel mezzo di una pacata soffice quiete georgica. Quante volte, nel bel mezzo della notte insonne o dopo una sudata corsa in bicicletta, questo abbaiare disperato (e disperante), ha riportato alla vita e alla realtà il misero tapino!
Musica lode onore ringraziamento dunque per questa inaspettata ispirazione.
Quante volte l'assurdo desiderio di polpette avvelenate o semplici sonniferi somministrati per via ipodermica avrebbero impedito la nascita di questo Concerto, ma, grazie a Dio questa "suicida" decisione non è mai stata presa. 
Silenzio e pastori tedeschi! 
Prossimamente alla Sagra Malatestiana, La Scala, San Carlo e Metropolitan...



03/07/12

Un piccolo grande riminese

Oggi è morto Mario Bellucci, un amico nato nel 1917.

Un amico per tanti e da tanti amici stimato. 
Intelligente e semplice, parlava preferibilmente in dialetto romagnolo, la sua lingua natia. Un genio. Sapeva fare tutto, qualunque cosa gli si chiedesse. Ottimo carrozziere, aveva la sua officina nel Borgo San Giovanni. 
Cattolico, ha sempre detto pane al pane e vino al vino. 
Cordiale, ilare e fintamente burbero. Semplice come un bambino. 
Sposato con la Bertina aveva avuto due figli, Maurizio, architetto e Maria, geologa. 
Mario è stato uno dei grandi operai costruttori del Meeting, dirigeva la falegnameria insegnando il lavoro a tutti i ragazzi chiamati a dargli una mano. Ritiratosi in pensione non è mai stato con le mani in mano. Nel suo capanno di fianco alla casa aveva ricostituito un laboratorio per riparare qualsiasi cosa, dalle porte e le panche del vicino Convento dei frati di S. Spirito alle biciclette degli amici, costruendo e inventando dove non c'erano soluzioni. 
L'orticello ricavato nel cortile gli forniva verdura e relax. 
Mario è un personaggio della Rimini che i ragazzini d'oggi non conoscono più, la Rimini familiare, fatta di buon vicinato e di preghiere, la città rinata dopo la Guerra con l'operosità tipica di uomini venuti su nell'indigenza e nella certezza, confidando in Dio, nella famiglia e nel lavoro. 
Uomini onesti, sinceri, aperti. Riminesi tipici.
Sono onorato e grato per aver goduto della sua amicizia e del suo aiuto. 
Noi "figli del Dopoguerra" abbiamo imparato tanto da lui. 
Ciao, Mario. 
Adesso lassù avrai tanto da fare: non potevano più aspettare, perché di amici e di lavoratori hanno un gran bisogno anche in Paradiso.

17/01/12

Cari amici...


Cari amici,
Sabato sera le nostre bambine mamme hanno festeggiato il compleanno di Irma, la suora che mi accompagna in quest’avventura di paternità e anche il mio (65 anni) in Pizzeria. È stato commovente vedere la tenerezza di cui siamo stati oggetto sia da parte delle giovanissime mamme come dei loro bebè.
Anche Luciana, la bambina di 12 anni già preparata per il parto che sarà la prossima settimana è felice. Marianna la piccola figlia di Bélem vuole mangiare le mele verdi. Mele che mangio io, diabetico, perché agre, amare. È proprio vero anche il gusto uno lo apprende solo dentro un’appartenenza. Non è una questione di “mi piace o non mi piace” ma di chi appartieni e per questo i miei bambini mangiano di tutto.
Un´altra cosa bella è vedere come P. Paolino le sta insegnando a cucinare, a pulire la cucina, usando la paglietta e la polvere speciale perché possa brillare. Come vedete la verginità è la sola e unica possibilità per essere padri, madre, educatori.
E la verginità è la vita totalmente consegnata a Cristo, dove ciò che ci definisce è solo lo sguardo a Lui. Senza questa posizione saremo come o peggio degli animali, come chi ha abbandonato o violentato queste piccole mamme.
La verginità, comunque riscatta tutto educando, cioè vivendo con loro intensamente tutto e mostrando come la vita vissuta con Cristo, per Cristo e in Cristo è pienamente umana.
Padre Aldo

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