TESTIMONIANZE DEL PELLEGRINAGGIO A SANTA MARIA
SUCCURRENTE MADONNA DI VALLIANO
23
APRILE 2017
Una Scuola vive quando c’è un Popolo che umilmente chiede la Grazia di
riconoscere il Supremo bisogno, quello di essere educato ed educare.
Alcune testimonianze fatte durante il Pellegrinaggio alla Madonna
Succurrente di Valliano in data 23/04/2017 organizzato da Don Stefano (Bubi), Don Claudio, Don Roberto e un gruppetto di amici delle Scuole Karis.
- Alba Sarpieri, addetta alla cura del parco della Comasca
- Emanuela Castellucci, insegnante 3C Primaria “Il Cammino”
- Colette Renée, insegnante madrelingua Scuole Medie e Licei
- Lara Travaini, genitore
- Ciro Antonio Mami, alunno 5A Liceo Classico “Dante Alighieri”
- Jone Sarti, cuoca Scuole Karis Rimini
- Federico Iommi, genitore
1) Intervento di Alba
Sarpieri, addetta
alla cura del parco della Comasca
Mi chiamo Alba. Sono una bisnonna e mi è stato chiesto di raccontare cosa
ha significato per me incontrare questa realtà (la Scuola).
Provo a rispondere come ho risposto a quella foglia che mi chiedeva
perché la raccolgo per poi distruggerla. Le dico: “Attraverso questa Scuola
sono alla ricerca di qualcosa, cerco il senso e il significato di quello che
faccio, perché se non mi è chiaro questo, non ha senso e non lo farei neanche
per tutto l’oro del mondo.
Cerco la bellezza, perché è il modo più bello per collegarmi alla
grandezza e Bellezza che significa per me il rapporto con Dio.
Cerco la verità, perché altrimenti non potrei continuare; è solo
attraverso un rapporto sincero con le persone che lavorano in questo luogo, che
io posso trovare e sperimentare.
Cerco l’amore e attraverso le persone che mi
vogliono bene posso riconoscere, farne esperienza, ed essere grata a Dio perché
attraverso queste persone, questa scuola bellissima, tanti ragazzi bellissimi e
questa foglia, io cerco, trovo, scopro e riconosco quel fiore sotto le foglie,
che mi dice tutto senza parlare e IO SONO MOLTO FELICE.
2) Intervento di
Emanuela Castellucci, insegnante 3C
Primaria “Il Cammino”
Mi è stato chiesto, in pochi minuti, di raccontare la mia
esperienza di insegnante nella"Karis". Fin da i primi anni, ha vinto
in me uno stupore commosso per come sono stata guardata. Qualcuno era
interessato a tutto di me, anche ai miei limiti. Questo sguardo mi ha segnato
la vita e mi ha educata.
Un esempio. Io non amavo cucinare per svariate ragioni. E
quasi me ne vantavo. Il giorno del battesimo del mio quarto figlio la Lella mi
regala l’Artusi. Sono stupita e interdetta. Cosa c’entra quel libro col
battesimo? Solo nel tempo ho capito che io avrei dovuto guardare tutto di me,
anche il mio non cucinare. Dopo qualche anno mi chiede: “So che fai dei risotti
buonissimi, che tipo di riso usi?”.
Qui ho rifatto l’esperienza che al centro di tutto sta la
Persona; allo stesso modo, anche la RELAZIONE tra alunno e insegnante ha il suo
punto sorgivo nella passione commossa per il suo e mio Destino. I miei scolari
sono un bene per me, perché mi chiedono un passo.
Ricordo un mio alunno, molto intelligente, ma che scriveva in
modo così illeggibile da faticare a correggere i suoi elaborati. Un giorno ho
deciso che li avrei corretti mentre lui stesso me li leggeva. Io mi ero piegata
a lui. Questo mio passo ha permesso l’inizio di una novità nella relazione,
perché l’alunno ha fatto l’esperienza che io avevo mollato su una richiesta
incessante e continua, e cioè provare a scrivere meglio; finalmente non aveva
più sentito solo una mia pretesa, ma un interesse per lui e per quello che
scriveva… la grafia poi è anche migliorata nel tempo.
Ogni volta che ho preso sul serio il rischio insito nell’educazione,
ne è scaturita una relazione che non finisce mai.
Che cos’è l’amore se non il piacere, il gusto, la novità che
nasce rischiando tutto di me! Quando sboccia questa passione e accade il dono
della reciprocità, la didattica passa per osmosi e senza ribellioni, anzi
l’alunno è liberato dalla pretesa dell’insegnante, perché vince in lui la stima
che sente su di sé, e percepisce il giudizio come una semplice correzione. La
didattica ne esce esaltata, a volte anche amata. E’ un imparare insieme. La
prima verifica di una sana relazione educativa è se l’alunno impara, partecipa,
collabora all’atto educativo.
Nel mio lavoro di insegnante sono stata educata anche ad
essere madre dei miei figli e per questo ringrazio la Karis. Lo dico, anche
perché, proprio in questi giorni, mia figlia Lucia mi ha ricordato con le sue
parole la stessa esperienza che ho fatto anch’io come mamma; mi scrive: “Mi
commuove che esista un luogo dove io desidero lasciare mio figlio, cioè il suo
asilo! Una mamma pensa che non ci sia nessuno che conosca meglio di lei il
bisogno del proprio bambino. Invece, entrando in quell’asilo sono conquistata
dalla percezione che ci sia qualcuno che sappia voler bene a Pietro più di
quanto ne sia capace io..”
Ecco, io mi chiedo cosa abbiamo visto, noi, nella Karis per
commuoverci fino a desiderare di farne parte, liberamente, come alunni,
insegnanti e genitori.
Un esempio. Il Presepe Vivente non è semplicemente
un’esperienza consegnata all’ambito religioso. Quello che ci sta a cuore è
comunicare che lì riaccade la Bellezza, quel fatto storico che ha cambiato il
cuore del mondo. Dopo ogni Presepe chiedo ai miei alunni di produrre un testo.
Una di loro conclude così: “In Duomo qualcuno ci ha letto una lettera dove si
raccontava di persone che hanno perso la loro casa nel terremoto, io ho
ascoltato poco, perché era troppo bello per me guardare Gesù, Giuseppe e
Maria”. Per molti giorni, questo giudizio semplice e puro mi ha accompagnata
con un brivido di nostalgia”. Che sguardo invidiabile!
Ma c’è un aspetto del mio lavoro che io ritengo sia il segno
evidente di una dinamica educativa reale e desiderabile. Più volte ho capito
che l’educazione implica sempre una relazione tra insegnanti, una reciprocità
di sguardo. Non può mai essere l’esito di uno sforzo individuale. Ricordo un
campeggio estivo di diversi anni fa a Madonna di Pugliano; si celebrava la
messa per ricordare la salita al cielo di 2 bambine morte alcuni anni prima in
un incidente. Avevamo preparato e curato il gesto nei minimi particolari. Mi
ero commossa e avevo vissuto con intensità quel momento. Ma, alla fine della
celebrazione, chi guidava il campeggio mi si è avvicinata e mi ha detto: “Ehi!
Guarda il tuo alunno! ha un maglione così grosso che ha caldo! Non ti sei
accorta?”. Per
educare io ho bisogno di un altro. Scrive Camus: “Non si può essere maestri
senza avere a propria volta un maestro, dal quale imparare la grandezza della
vita”.
Nessuno di noi insegnanti nasce “imparato”. I miei limiti, la
mia pochezza sono sempre lì a ricordarmi la dipendenza da un “altro”. Il luogo
privilegiato dove, insieme, guardiamo il bisogno dei nostri bambini è il
collegio docenti.
L’educazione è uno scambio. Il mio sguardo non è sufficiente
per capire come aiutare quel bambino nel suo particolare bisogno. E’ un attimo
perdere di vista il metodo e scivolare in un semplice richiamo morale o
tecnico. Infatti, l’alunno deve poter fare l’esperienza della gratuità e che a
me interessa tutto di lui, anche la sua brutta grafia o un maglione troppo
grosso. Per sperare che il nostro tentativo abbia un qualche effetto sul
bambino, lui deve poter fare l’esperienza di tutta la Bellezza del reale dentro
ad una preferenza.
Se l’educazione accade è perché, sempre, si segue un metodo.
Il metodo mi sostiene e mi corregge. L’originalità della scuola dove lavoro è
caratterizzata da questo metodo che ho provato a raccontare.
Penso che non
possiamo avanzare nella conoscenza di qualcosa se non siamo attratti dal bene
che si nasconde dentro ad ogni relazione, perché non c’è conoscenza senza
amore.
3) Intervento di
Colette Renée, insegnante madrelingua Scuole Medie e Licei
Mi hanno chiesto qualche anno fa: “Ma tu, come sei finita qui?”
“Non è questa la domanda da fare,” ho risposto. “La domanda è: perché ci rimango?”
Già da subito avevo capito che la mia esperienza alla Karis sarebbe stata molto diversa dall’esperienza di lavoro in altre scuole, ma dopo due anni alla Karis, avevo iniziato a capire, ad intravedere qualcosa, una cosa che mi incuriosiva e che mi attirava. Avevo avuto diverse possibilità di andarmene, opportunità interessanti da diversi punti di vista, ma ho deciso di rimanere, una decisione che si riconferma quotidianamente nonostante le tante fatiche. Perché?
Quattro anni fa quando sono arrivata non avrei mai pensato di ritrovarmi qui con voi oggi a raccontarvi l’esperienza che vivo ogni giorno. Ho sempre amato insegnare, ma non sapevo quanto stare nelle nostre scuole avrebbe insegnato a me. Andando avanti, mi sono formata un’ipotesi, un’idea su quello che facciamo qui e il senso della nostra scuola, sia per l’esperienza educativa che offriamo ai ragazzi, sia per il valore educativo per me.
Quando mio figlio aveva 7 anni, spesso piangeva perché non sapeva se avere fede o meno, soprattutto se credere in concetti così astratti e difficili per i bambini come il paradiso e l’inferno. Da tipica americana, mi sforzavo per mostrare evidenze, per dare una logica alla fede, ma era inutile. Un giorno, quasi per caso, ne ho parlato con Don Claudio e lui mi ha dato una risposta molto semplice: il paradiso non è altro che la comunione, l’inferno non è altro che la divisione, e di queste realtà le nostre esperienze sono già testimone. Mi incuriosiva questa risposta e mi ha fatto riflettere molto. Mi sono resa conto di avere molto da imparare da chi mi stava attorno.
L’anno scorso quando abbiamo iniziato a preparare la gita in Grecia, abbiamo scelto come filo conduttore “l’altro”: la visione, il dialogo e la conoscenza dell’altro per condurci verso la consapevolezza di noi stessi. In Grecia ho visto il frutto del lavoro d’insieme. Ho tenuto gli occhi aperti e ho guardato in faccia “l’altro”: sì la Grecia, ma soprattutto in questo caso i miei colleghi, il preside, i miei alunni. E lì in quell’esperienza ho riscontrato il valore di ciò che facciamo, il valore del lavoro d’insieme. Quell’ipotesi che mi ero fatta sul senso di quello che facciamo, il perché della nostra scuola, lì in Grecia si è verificata. Osservando i miei colleghi, lavorando di fianco a loro e facendo tesoro di ciò che loro sono e sanno offrire, ho realizzato una parte del mio tragitto. Sì, perché come diversi nostri padri ci ricordano, nessuno viene salvato da solo. Insieme camminiamo. Insieme percorriamo la strada che ci porta ad essere noi stessi, ad essere, nelle parole di sant’Ignazio d’Antiochia, veramente umani.
E questo è il motivo per cui io rimango. Qui, nel confronto con l’altro, con i miei colleghi e i miei alunni, giorno dopo giorno percorro quella strada che mi porta dall’essere un individuo all’essere una persona.
Questa è la mia storia. Per questo rimango. Voi, perché rimanete?
4) Intervento di Lara
Travaini, genitore
Mio marito ed io abbiamo sempre ritenuto
l’educazione dei nostri figli una priorità. Decidere quale impronta voler dare al loro cammino di
crescita ha significato, e significa ancora oggi, un costante impegno nell’interrogarci sulle priorità
da trasmettere, partendo dai loro bisogni e preferenze.
Abbiamo quindi ritrovato nello stile
educativo e pedagogico della Karis una linea comune per permettere di
accompagnare al meglio l’educazione e istruzione dei nostri figli. Sicuramente
non è stata una scelta facile iscrivere Cecilia
alla scuola Karis: avrebbe significato dover investire non solo risorse economiche (aspetto comunque
molto rilevante per la nostra famiglia), ma anche di tempo, di attenzione da
dedicare in particolare a Cecilia, quando a casa c’erano altri sette fratelli.
La decisione di iscrivere Cecilia alla scuola media della Karis è stata presa
insieme a tutta la famiglia, nella consapevolezza che investire sull’educazione
significa creare un’opportunità di vita e vera crescita e confronto. Questa
nostra aspettativa è stata completamente soddisfatta durante il percorso
scolastico di Cecilia: all’interno della Karis abbiamo trovato un ambiente di
crescita con professori attenti alla persona, ai suoi bisogni e alle sue
esigenze, alla sua istruzione; un luogo di crescita globale e collettiva, che
aiuta a diventare dei cittadini responsabili, in grado di ragionare con la
propria testa e di confrontarsi; una scuola che prepara a quella che chiamiamo
“l’arte della diplomazia” (elemento di cui ci sarebbe tanto bisogno nel mondo).
La Karis ha permesso a Cecilia di fortificare la fiducia nelle sue competenze e
capacità, valorizzando le sue risorse piuttosto che sottolineando le sue
sconfitte. Attraverso il percorso scolastico di Cecilia abbiamo potuto
osservare quanto sia stato importante per lei confrontarsi con una realtà in
grado di ascoltarla e considerarla come una persona in grado di scegliere e
motivare le proprie scelte. Per questo motivo abbiamo poi pensato di iscrivere
anche la Lucia (investendo nuovamente tante risorse) alle scuole Karis, per
poter dare anche a lei la possibilità di crescere attraverso un’educazione all’autonomia,
libertà e democraticità. Investire sui nostri figli significa per noi poterli
accompagnare in una crescita che li renda cittadini riflessivi e partecipativi,
realmente interessati a ciò che succede oggi nel nostro, ma anche loro, mondo.
Concludendo volevamo ringraziare tutti
quelli che ci hanno permesso di conoscere questa realtà e ci hanno aiutato e
sostenuto in questa scelta, nella speranza di svolgere al meglio il nostro
ruolo genitoriale.
5) Intervento di Ciro
Antonio Mami, alunno 5A Liceo Classico “Dante Alighieri”
Mi chiamo Ciro e frequento il quinto
anno del liceo classico, ho avuto la fortuna di crescere nelle scuole Karis,
dalle elementari fino alle superiori. Mi è stato chiesto di raccontare ciò che
questo percorso ha significato per me, e non è facile, ma non ho potuto
rifiutare, poiché mi è stato chiesto proprio quando per la prima volta, dopo
quasi tredici anni in queste scuole, ho preso piena coscienza della grandezza
di questo luogo e ho sperimentato una gratitudine piena per essere in questa
strada. Questo è accaduto in gran parte grazie al viaggio di istruzione in
Grecia al quale, circa un mese fa, ho partecipato insieme a tutti i ragazzi dei
due trienni dei licei Karis; devo premettervi che quanto vi dirò sono cose che
avrete già sentito tante volte: che in questa scuola gli insegnanti hanno una
grande attenzione verso gli studenti, che sono interessati alla persona ecc..
Io stesso ho più volte sentito queste frasi, ma non avrei mai potuto ripeterle
prima di adesso, poiché non sono mai state mie, dopo un'esperienza del genere
invece si; adesso posso dire a gran voce che non esiste un luogo come questo.
Un posto dove gli insegnanti si muovono mesi e mesi prima per preparare il
viaggio di istruzione, dove per mesi studenti e professori passano interi
pomeriggi a scuola a preparare esperienze che saranno presentate poi agli altri
alunni durante il viaggio; e questa attenzione non si ferma alla preparazione,
perché anche durante il viaggio stesso gli insegnanti sono sempre stati protesi
ad assicurarsi che gli studenti comprendessero il significato della gita:
restando svegli ogni sera fino a tardi per preparare al meglio la giornata
successiva. Per raccontare un piccolo aneddoto: mi è capitato un giorno in
Grecia, scendendo da un sito archeologico, di sentire due professori
preoccuparsi e domandarsi se gli studenti stessero comprendendo a pieno il
senso del percorso di quei giorni; ecco un interesse del genere per me è
commovente! Ci terrei a raccontare un'altra grande cosa accaduta durante il
viaggio d'istruzione; tutti voi immagino abbiate in mente quanto un viaggio,
così come una vacanza, per quanto bello, possa essere un ostacolo poi nel
tornare alla propria vita quotidiana, rischiando di diventare una parentesi di
serenità e felicità che poi nel confronto rende ancora più opprimente la vita
di tutti i giorni. Tanto più quando il ritorno dal viaggio coincide, come nel
mio caso, con l'avvicinarsi alla fine del liceo e in un qualche modo col proiettamento
nel mondo "dei grandi", che tanto spaventa, tuttavia questa gita non
è stato un ostacolo, bensì, grazie appunto a tutto il percorso che ci è stato
fatto compiere e che purtroppo non ho il tempo di illustrarvi, un aiuto a
vivere a pieno questi ultimi mesi di scuola così come tutto quello che dovrà
venire. Per concludere, vi ho confessato all'inizio che solo ora, alla fine di
questi anni, comprendo il valore che la scuola ha avuto per me, questo
certamente può essere motivo di rammarico, ma allo stesso tempo è profondamente
paradigmatico, perché la maturità di comprendere queste cose, vi assicuro, non
me la sono data da me, ma evidentemente è frutto di una strada che, senza che
io me avvedessi, mi ha formato. Da ultimissimo, come ha già detto Don Claudio,
questa scuola non è fatta solo di insegnanti e studenti, ma fino a qualche anno
fa durante le elementari era svolto anche il catechismo in preparazione alla
comunione, ecco io ci terrei a ringraziare una persona che dopo i miei genitori
è stata colei che in questi anni più mi ha voluto bene: la mia catechista Anna.
6) Intervento di Jone
Sarti cuoca Scuole Karis Rimini
Mi
chiamo Ione e da 31 anni lavoro come cuoca alle scuole della Karis.
Sono
tanti anni che faccio da mangiare per i bambini di questa scuola e posso dire
che questo mi ha cambiato la vita. Ho conosciuto la realtà della Karis perché
avevo bisogno che qualcuno portasse a scuola il mio secondo figlio Alessandro,
visto che avevo Marco molto piccolo. C'erano amici, come Giorgio Zanzani e
Giancarlo Biondini, che me lo avrebbero accompagnato tutti i giorni, così ho
conosciuto questa realtà, che ha cambiato la mia vita molto di più di quello
che allora avrei potuto immaginare.
Poi
c'è stato l'incontro con tre persone che da subito mi hanno voluto bene. Io
devo ringraziare la Lella perché si è fidata della Lauretta Biondini, una cara
amica molto affezionata alla scuola, e che mi ha voluto qui a lavorare. Mi
ricordo il rapporto con l'Alda Torri, maestra all'asilo di San Giuseppe al Porto.
Mi ricordo le chiacchierate con lei mentre i bambini all'asilo dormivano;
quando mi aiutava a stare diversamente davanti a quello che a me non andava
bene. Io volevo ripagare con la stessa moneta, come si dice, chi magari mi
faceva un torto e lei cambiava sempre le cose in bene. Mi ha insegnato un sacco
di cose. Ricordo che una volta l'Alda mi fece un regalo, mi regalò una
bellissima borsa senza un motivo apparente, così GRATUITAMENTE.
Poi
ci siamo trasferiti a Bellariva e lì sono stati fondamentali i rapporti con
l'Anna Carli, direttrice della scuola materna, e la Paolina Rastelli. Che
fatica ho fatto quando sono venuta a lavorare alla Comasca, dove sono
adesso....che fatica lasciare quelle che ho sempre chiamato: le mie maestre!
Io
non sono una professoressa, io non ho studiato, ma so che questa scuola aiuta a
crescere molto, anche chi non studia. Non insegna solo la didattica, ma educa
le persone, tutte....io ne sono sicura perché io sono cambiata tanto.
La
gratitudine io l'ho imparata qui, perché non sono perfetta, anche io ho i miei
difetti. Magari faccio da mangiare per i bambini e dico: "Oh, ci sono
anche i preti oggi a cui preparare da mangiare...uffa" E dopo lo faccio.
Poi magari arriva uno che non ha la merenda, un ragazzino che non ha fatto la
colazione....la porta della cucina che dà sul corridoio è sempre aperta, non
fanno altro che aprirla ....per me però è una cosa grandiosa: io faccio quello
che so fare e sto bene. E' questo che ho imparato dentro questa scuola....è qui
che impari.
Come
si fa a non essere pieni di gratitudine in un luogo che percepisci essere un bene
per te e per tutti quelli che stanno lì?
Molti
mi chiedono: "Perché dici sempre di sì?" Io dico sempre di sì perché
sento che sto bene. Non sono brava io, sono stata aiutata a vivere
l'accoglienza e la disponibilità.
L'altro
giorno al ragazzo che ci porta la spesa, la Michela, che lavora con me, ha dato
un pezzo di pizza e lui: "A me??? Ma non è mai successo..." A quello
che portava la verdura facevo il caffè, perché arrivava la mattina molto presto
e lui: "Non mi è mai successo da nessuna altra parte che qualcuno mi abbia
fatto il caffè". Pensa te! Che aridità c'è fuori però! Ma del resto non
può essere che così se per primo non sei accolto e aiutato te.
Qualche
tempo fa ero in macchina con il mio ultimo figlio, Francesco, che è sacerdote e
mi ha chiesto: "Mamma, ma tu e il babbo come avete fatto a iscriverci a
queste scuole? Cosa ti ha spinto a resistere nel tenermi qui, anche quando io
me ne volevo andare?" Io gli ho raccontato che tutto è partito per un
bisogno, ma che poi è diventata una realtà di cui non puoi più fare a meno. Lui
ha proprio capito che qui c'era una cosa importante per me.
La
scelta che abbiamo fatto per i nostri quattro figli è stata sicuramente
impegnativa a livello economico, io non lavoravo, lavorava solo mio
marito...eppure dico sempre che rifarei tutto da capo. Il bene di questa scuola
l'ho visto anche nei miei figli, perché sicuramente questa realtà ha
contribuito a farli crescere e diventare come sono adesso. E io sono orgogliosa
di avere dei figli così! Alla mia Annalisa tempo fa ho detto: "Non è che
vi possa lasciare chissà che cosa...." e lei mi ha risposto: "Tu ci
lasci il bene che ci hai sempre voluto, mamma". Ecco, il bene è una cosa
che i miei figli hanno sempre percepito, ma non perché sono stata brava io, io
sono stata educata. Quando vedo quelle famiglie chiuse, che sono solo
loro...credono di bastare a se stessi, ma non è così.
L'altro
giorno Bubi e don Claudio sono rimasti sorpresi perché Bubi prima della
benedizione pasquale ai ragazzini mi ha chiesto: "Ione, cosa devo dire ai
ragazzi?" e io gli ho detto: "Dì che sono fortunati a stare dentro
questa scuola, perché sono voluti bene".
Questa
scuola è una ricchezza per tutti, anche per chi vi resta in contatto solo per
poco tempo.
7) Intervento di Federico Iommi, genitore
Anche quest'anno a
gennaio abbiamo fatto le preiscrizione dei nostri figli per il prossimo anno scolastico.
Ho tre figli che già
frequentano le scuole della Karis e a settembre inizia l'asilo anche la mia
quarta figlia.
Tutti gli anni questa
scadenza mi fa riaprire gli occhi sulle mie possibilità economiche e mi fa
decidere di nuovo quali sono le priorità per me e i miei figli.
La situazione difficile
del lavoro non aiuta in questa scelta. La crisi si sente ancora e anche se io e
mia moglie lavoriamo entrambi la spesa per la scuola è quella più impegnativa.
Poi è successo che una
sera dopo cena con alcuni amici si discute di questo tema. Anche loro hanno
scelto come me il percorso della Karis. E viene fuori che ci sono famiglie che
accettano volentieri una condizione di povertà pur di scegliere la scuola di
cui sono convinti.
Questo fatto mi ha
stupito e interrogato.
Che bellezza hanno visto
per decidere così?
Perché uno deve arrivare
a questo punto?
Perché alcuni nonostante
la prospettiva certa della povertà decidono ugualmente di intraprendere o continuare
questa strada?
In fondo mi sono detto
che la sicurezza economica non basta. Forse è proprio il bisogno di uno sguardo
appassionato al destino e al bene dei figli che spinge molti genitori a fare
scelte impopolari, che molti giudicherebbero da incoscienti.
È più importante per i
miei figli essere guardati e stimati per il loro valore infinito che non una
perfetta acquisizione di nozioni. Se uno è cosciente del proprio valore diventa
una risorsa per tutti, per la società intera.
Ho in mente alcuni
colloqui con le maestre dei miei figli in cui mi è sembrato evidente di non
essere solo nel difficile compito di essere padre. Mi sono sentito
accompagnato. I miei figli, ognuno con le proprie e diverse difficoltà, stanno
facendo loro passi, stanno crescendo.
La cosa che mi ha colpito
della discussione di quella sera è che non dovevo far fuori niente di quello
che sto vivendo: da una parte la durezza della condizione economica e
dall'altra la ripresa di coscienza di ciò che conta veramente, della bellezza
per cui ho scelto questo percorso educativo.
È una ferita che rimane
aperta, che non mi lascia tranquillo, autosufficiente ma che mi costringe
piuttosto a domandare, fino agli aspetti più concreti.
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