29/01/14

Ciò che uccide il cuore


Caro Padre Aldo,
Ho potuto veder le stupende opere che Dio mediante il tuo niente ha realizzato in Paraguay. Le ho visitate tutte e mi é difficile dire quale sia la piú bella, perché ognuna ha una sua caratteristica ed una funzione speciale. L’incontro con queste opere mi ha fatto nascere un sacco di domande: per esempio, come puó un uomo ammalato e ignorante fare tutte queste cose? E per di piú fatte bene? Vorrei farle una domanda chissá indiscreta: dentro questa perfezione visibile a tutti, qual’é la cosa che piú le preoccupa?


L’opera é di Dio e non certamente mia. Io centro come i cavoli a merenda. Non solo ma tutto ciò che il mondo e gli ecclesiastici hanno fatto per impedire o distruggere quest’opera solo Dio lo sa. Certo ho sofferto molto a 360 gradi, dentro e fuori la Chiesa. Ma tutto ciò è stato ed è bello perché riafferma che l’opera é di Dio. Perfino l’unico sacerdote che mi era amico, P. Paolino, mi é stato tolto cacciandolo via come un cane dall’intero continente perché sospettato di pedofilia ed io mi trovo qui ammalato di espondiliti iperostosante dismetabolica, quasi impotente nel muovermi. Allora capisci che solo Dio, la sua Divina Provvidenza, puó creare, sostenere, accompagnare queste opere e pagare gli stipendi a 180 collaboratori che amano queste meraviglie di Dio.

Mentre la cosa che piu mi preoccupa é il rischio del cinismo e della buracrazia, che possiamo vivere senza renderci conto se non ci fossero delle Presenze autentiche fra noi:

1.     Il cinismo, l’indifferenza, l’abituarsi a tutto, come Hitler o come Stroessner, che trattavano come “cose” gli esseri umani di razza non ariana o con idee differenti, motivo per cui realizzarono le barbarie che tutti conosciamo. É lo stesso che succede molte volte tra di noi: che una madre perda un figlio, a chi puó interessare? Chi questa domenica ha versato una lacrima quando ho celebrato la messa per un bambino di dieci anni? Dove siamo quando si celebra un matrimonio, un battesimo, o qualcosa di grande nella vita dei nostri colleghi o pazienti? Neppure ci rendiamo conto, mentre il pettegolezzo riguardo a tante altre cose corre di bocca in bocca. É terribile verificare che a volte non siamo al corrente di chi arriva per la prima volta, di chi esce, o ancora peggio, di chi muore. Chi sente davvero il dolore di coloro che soffrono fra di noi e nella clínica? Chi ha chiamato Nancy o Silvia per domandargli come stanno? Il primo giorno dell’anno, alle 14.30 suonarono al campanello della mia porta, con fatica riuscí ad aprirla e incontrai la nonna di tre ragazze della casita. La signora parla solo guaraní, viene da un paesino lontano dalla capitale. Era arrivata il giorno prima per festeggiare il capodanno e desiderava fermarsi con le sue nipotine  qualche ora in piú ma la responsabile della casita le aveva detto che l’orario di visita era giá terminato. Quindi come sempre, venirono a chiedere a Padre Aldo. Lui vedendola in lacrime le diede un foglietto con scritto: “Per favore, che si fermi fino alle 18.00”. Quando la responsabile mi chiamó per chiedermi spiegazioni le chiesi: ”Secondo te, che cosa avrebbe fatto Gesú?”. E tutto finí lí. Dio mio, siamo o non siamo come Stroessner? Ovviamente piccoli Stroessner, piccoli come i pidocchi, peró il pidocchi di Stroessner. Amici, meglio morire squartati che morire nell’indifferenza, nel cinismo. La clínica, o é un luogo dove si vive con drammaticitá, o é meglio chiuderla. Ció significa che se uno arrivando nella clinica, dal primo momento fino all’ultimo minuto che rimane, non vibra con questa drammaticitá, é meglio che se ne vada e io stesso lo aiuto a trovarsi un altro lavoro. Gli indifferenti sono quelli che distruggono questa opera di Dio. Per favore, i perfezionisti se ne vadano e rimangano solo quelli che vivono drammaticamente la vita. Io sono figlio di don Giussani e non di Chiara Lubich né di Escrivá de Balanguer, o altri, tutti grandi santi, peró a me mi ha afferrato il carisma di Giussani. Il vivere con drammaticitá ogni istante, drammaticitá che é frutto dell’incontro con Cristo, cosí come lo incontró Giussani e me lo comunicó. La Clinica é un opera d’arte, meravigliosa, perfetta, condotta come poche nel mondo. Peró dov’é la drammaticitá della nostra vita, questa vibrazione dell’essere? Nella Clinica per grazia di Dio ci sono alcune imperfezioni tecniche, peró l’umano vibra, salta di gioia come il piccolo Giovanni Battista nel ventre di sua madre quando questa si incontró con la Vergine e ascoltó la sua voce?

2.     La burocrazia: “Le analisi portano alla paralisi”. Amici, una cosa é vera? Non si discute!

Eventualmente ti aiuteró a capirla con infinita pazienza. Noi non discutevamo mai con Giussani, perché quello che diceva era cosí vero che l’unica domanda che nasceva era: come posso vivere quello che lui ci sta dicendo? Gli chiedevamo che ci aiutasse a immedesimarci con le ragioni che muovevano la sua vita e niente di piu. C’era una corrispondenza impresionante tra quello che ci diceva e quello che il nostro cuore desiderava. Ricordo che quando lo ascoltavo – non importava in che parte del mondo fossi-  volevo tornare subito alla vita quotidiana per mettere all’opera quello che lui svegliava nel mio cuore. Per lui la burocrazia era il demonio, perché era la modalitá che gli impediva di vedere la veritá. É quello che succede con il políticamente corretto, con i protocolli, con chi non prende mai una decisione e continua a dire: “Vedremo… OK”, peró non succede mai niente. Persone che ci fanno morire di infarto perché sembrano mummie: non ridono, non piangono, non sono né caste né prostitute, sono inumane. Nella clínica abbiamo alcuni esempi di burocrazia, di legalismo del cuore che si nutre nella cultura positivista, oggi dominante. Mentre l’unica legge é il “Giá, adesso”, “Si, Si” “No, No” come dice Gesú, perché il resto viene dal demonio. Un esempio di questa burocracia é quello che é successo alla piccola Margarita. L’infermiera, che aveva fretta perché il segnatore della puntualitá diceva che il suo turno era giá finito, scrisse nel rapporto per le colleghe che entravano: “Mettere la flebo…” In questo modo la bambina é rimasta dieci ore senza prendere acqua dopo aver vomitato varie volte. Chi é il colpevole? Lo Spirito santo o Padre Aldo. Ovviamente, invece di prendere misure riguardo a tutto ció, una delle responsabili dell’infermeria disse: “Vedremo…” e nient’altro. O la responsabile medica: “Faremo un mansionario per le infermiere”. O quello che é successo con il caso di Daniel, con l’inutile pretesa medica di intervenire in una massa tumorale della bocca, mettendo a rischio la sua stessa vita. Grazie a Dio un’infermiera e uno studente di Medicina si opposero ai medici e la questione tornó a buon fine. Personalmente non sopporto questo modo di stare di fronte alle cose. Alla nuova Direttrice Medica la dottoressa Leda Ruiz Diaz ho chiesto únicamente una cosa: rispondere “Giá“ alla richiesta del personale e di ogni paziente, perché “Nell’esperienza di un grande amore tutto diventa avvenimento in quell’ambito” affermava Romano Guardini. Inoltre quante volte guardando gli avvisi nella formazione settimanale richiamo alla fedeltá, peró chi ha la responsabilitá: “Ok, Padre, verificheremo”. Se non arriva il macete di Padre Aldo non succede niente o solamente si afferma “Faremo un rapporto”. Cosí i mesi passano senza che niente succeda.

Come lavoro settimanale quotidiano chiedo a tutto il personale di cercare nei Vangeli il modo in cui Gesú esercitava la medicina e con cui si curvava sul dolore umano. “Arrivava la notte (Gesú non sapeva del cartellino da timbrare) stanco di curare” affermava il Santo Vangelo.

Infine vi auguro quello che ci ripeteva Giussani: “Non siate mai tranquilli”. Ai tranquilli Dio non li sopporta e al diavolo danno fastidio.

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