19/03/09

È Lui che prende una cosa che è niente e la salva

Festa di San Giuseppe, patrono universale della Chiesa.
Ecco due esempi attuali di paternità.

Don Luigi Giussani e Rose Busingye

È Lui che prende una cosa che è niente e la salva

di Rose Busingye

La prima volta che ho visto di persona don Giussani era l’estate del 1990. Ero salita fino a Corvara, ero entrata nell’albergo, e lì c’era un uomo che stava pregando. Era lui, ma io non lo conoscevo ancora. Siamo entrati insieme nello stesso ascensore. Lui si è girato e mi ha detto: ma tu sei Rose! Ci siamo abbracciati forte e a lungo, e l’ascensore continuava a aprirsi e a chiudersi e nessuno spingeva il bottone per partire.

     A quel tempo avevo letto un articolo su 30Giorni in cui don Giussani parlava dei Memores Domini. Diceva che Cristo poteva abbracciare tutti i momenti e tutti gli aspetti della vita. Allora – avevo pensato io – anche il mio niente, la mia incapacità, Gesù poteva prenderla e abbracciarla così come era, se voleva. Mi avevano avvertito che per entrare nei Memores Domini avrei dovuto fare dieci anni di noviziato. «Gesù mio, ma quanto tempo ci vuole per stare con Te», pensavo. Quando don Gius mi ha detto che sarei potuta entrare subito, ho avuto paura. «Ma sai quanti anni ho? Non so neanche cosa siano questi Memores», gli ho detto. «Ma tu vuoi bene a Gesù?», mi ha chiesto Giussani. «Beh, quello sì», ho risposto io. «E vuoi dare la vita?». «Eh, la vita... Io non ho niente di importante nella vita da dare a Gesù», ho risposto io, «ma se Lui vuole, voglio che Lui si prenda questo niente». A quel punto Giussani si è alzato, quasi gridando: «Questa cosa qui, vai fuori e dilla a tutti, a tutti! Perché tutti pensano di avere qualcosa di importante da dare a Gesù, e così per tutta la vita è come se aspettassero la ricompensa. E invece è Lui che prende una cosa che è niente, e la salva».

     Così era don Gius. Io non bevo vino, e lui, ogni volta: «Bevi il vino, senti come è buono! Ma lo sai come lo fanno, il vino?». Ti spiegava tutto sulle viti, la vendemmia, le botti, le cantine, e ti trovavi a bere il vino… Era così bello mangiare così, che mangiavi e bevevi anche le cose mai assaggiate.

     Don Gius ti faceva gustare tutto. E non ti parlava di Dio. Non c’era bisogno di parlare di Dio. Diceva sempre che un bambino non fa fatica a descrivere come è il papà: sa come fa le boccacce, come fa i muscoli... Anzi, nemmeno lo descrive. Semplicemente, uno vede il bambino e dice: è proprio figlio di suo padre! Ha un modo di fare che assomiglia a suo padre. Giussani diceva che noi non siamo immersi in Cristo, e per questo moltiplichiamo parole su Cristo, fino alla noia. Invece chi è immerso in Cristo è cambiato. Uno vede come tocca le cose, come mangia, come beve, e pensa: ma come mangia! Avrei voglia di mangiare come lui. Di fare le cose come le fa lui.

     Una volta sono andata da lui e mi ha detto una cosa sulla Madonna. Che è grazie alla Madonna che capiamo di più come opera l’umanità di Cristo, che guardava magari un mendicante, o una prostituta, e chiedeva che il suo destino si compisse. La Madonna ha fatto quello che Dio le aveva chiesto. E basta. Non è andata in giro a far prediche. Noi non avremmo fatto così. Se a uno di noi fosse capitato ciò che è capitato a lei, figùrati, saremmo andati in giro sventolando la bandiera, a dire a tutti: l’angelo di Dio è venuto a parlarmi! Don Gius mi ha detto: «Guarda, se davvero ci tieni che le persone si salvino, fai un passo indietro e chiedi che accada. Perché alla fine puoi solo chiedere a chi può salvare te, se vuole, che salvi anche chi ti sta a cuore».

     Comunque, quando incontravi don Giussani, la prima cosa di cui ti accorgevi era che era bello stare con lui. Anche se non capivi niente, questo lo capivi: ci saresti tornato volentieri, domani, e anche dopodomani. Quando lo portavano a fare il riposino, lui ripeteva: «Non andar via, aspettami, ci rivediamo dopo». Io e lui non ci siamo mai salutati. Finiva sempre così: ci vediamo dopo. Una volta mi ha telefonato. «Non vieni in Italia?». «Gius, sto qua, a Kampala, non ho in mente di venire». E lui: «Dai, vieni! Vieni!». Io prendo l’aereo, e passo tutto il viaggio a chiedermi: chissà cosa deve dirmi. Arrivo lì, saluti, e lui: «Niente, volevo vederti... ».

     Per le mie amiche del Meeting Point, è come un padre. Hanno chiamato i loro figli Luigi, non sanno che significa quel nome. Non lo fanno perché è amico mio: quello che è mio è loro, perciò don Gius è diventato il loro grande amico. La sua faccia, adesso, la metterebbero su tutti gli alberi dell’Africa.

     Mi manca la sua fisicità. Però adesso vede di cosa abbiamo bisogno, prima ancora che noi ce ne accorgiamo

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Da: padre Aldo TRENTO 

Data: Mon, 16 Mar 2009 10:45:48 -0300

 Miracoli a San Raffaele

TESTIMONIANZE DI UNA ESPERIENZA


Padre Aldo, grazie per farmi capire molto di più il movimento ed il carisma di Don Giussani, che è lo stesso dei gesuiti nelle Riduzioni. Seguendo  Julián Carrón oggi cresce la mia fede e vivo ancora di più la Chiesa di Dio. 

Osservando Lei, guardandolo, ho conosciuto nuovamente Cristo e lo amo di più. Chiedo alla Vergine che il mio amore per Cristo e la mia fede mi permettano fino a dare la mia vita per il mio grande amore come lei ha fatto. Come Marcos, Cleuza, Pedro ed i gesuiti lo fecero e lo fanno.
Ti ringrazio ancora una volta.

Iluana Rufino – Río de Janeiro.

Padre Aldo, arrivai con una domanda e constatai la grandiosità delle opere quando si dice “SI”. Il tuo “si” mi provoca e mi fa dire anche a me “si”. Arrivai qui volendo sapere la mia missione. Guardando l’amore che Lei ha per le persone e seguendo ai gesuiti, mi fa capire com’è grande la misericordia di Dio con gli uomini, com’è grande lo sguardo e l’amore che Cristo ha per me. L’unica cosa che posso dire è che ha tutto per riempire il mio cuore.

Grazie per farmi capire cos’è essere un uomo vero.

Paula Rufino – Río de Janeiro


Padre Aldo, accettando di venire in Paraguay, non avevo idea della grandezza che sarebbe stata. Oggi, adesso, provocato dalla vostra esperienza di donare la vita, mi vedo chiamata a fare la mia missione, ad aderire a Cristo in quello che mi chiede attraverso la realtà.

Sempre ho presente quello che tu mi dici: “Io sono Tu che mi fai”. Desidero rapportarmi con Cristo perfino nella forma come utilizzo i soldi. Come tutte le cose sono in rapporto con un’altra, tutto ci porta a Lui.

Sono rimasta molto attenta ai segnali che Cristo mi fa vedere; per molto tempo, quando ero distratta, Lui  mi riscattava. Mi sono confessata questa settimana dopo 2 anni e ormai avevo dimenticato il gusto di ricevere il perdono di Dio attraverso il sacerdote, e la comunione. Il mio cuore quasi esplode pieno di emozione della Sua Presenza.

Ti ringrazio per avermi insegnato e per farmi vedere lo sguardo di Cristo verso la mia persona come tu lo fai con i malati.

Roberta Moss – Sao Paulo

Padre Aldo, in questi giorni in tua compagnia, ho capito quanto è grande l’amore di Dio e come ci dona molte grazie per mezzo dello Spirito Santo. Poter venire in Paraguay fu un dono. Due giorni prima di viaggiare una persona rinunciò ed io venni al posto suo. L’altra grazia è stata quella della mia conversione, l’avermi confessato dopo alcuni anni. Quello che mi aiutò fu guardare le tue opere, le opere con i malati e lo sguardo di Cristo.

Compresi il valore de avere amici che testimoniano la verità, come accadde a Cleuza. Per te, Don Giussani e per i gesuiti, san Ignacio di Loyola. Ritorno desiderando di essere un gesuita, essere come te, e voglio fare missione nella mia città. Grazie per tutto.

Iluiz Gustavo – Campignas – Sao Paulo

Padre Aldo, nel 2008, nel primo anno di università, ho avuto tante difficoltà per convivere in un ambiente nuovo di studio  e rapportare l’esperienza che vivo in Comunione e Liberazione.

Perciò, in questo viaggio sono rimasto molto colpito per il lavoro e le opere della parrocchia San Rafael, soprattutto il rapporto che Lei condivide con i malati della clinica. Questo è possibile soltanto con Cristo presente nel cuore e nella realtà. MI colpiscono e provocano molto le opere gesuitiche e capisco che erano possibili solo per l’immenso amore che Dio aveva per i gesuiti e gli indios.

Così dopo l’intenso incontro con Cristo in questi giorni, credo che nel 2009 il mio rapporto con Cristo ed avvertire la Sua presenza nella realtà sarà molto più grande, e l’ambiente nell’università sarà un altro migliore.

Grazie per tutto.

Pedro Ivo – Sao Paulo

Come la maggior parte di quello che è successo qui, ricevetti con sorpresa l’imprevisto viaggio alle rovine gesuite e le cascate d’Iguazù, insieme al gruppo di brasiliani del CLU ed alcuni del Paraguay. Questo viaggio è stato per me una grazia, un dono dei più grandi e stimato che io possa ricevere.

Nonostante, mi ha toccato non per le ragioni che molti universitari hanno testimoniato. Non sono riuscito ad impressionarmi profondamente con il fatto di rendermi conto che i gesuiti vissero qualcosa di simile a quello che noi viviamo oggi. Voglio dire, lo riconosco, non è stato questo fatto profondo quello che mi colpì.

Però, si qualcosa è successo, principalmente due situazioni, due momenti precisi che toccarono il mio cuore. Il primo accadde la prima notte, arrivando al albergo, già buio il cielo. La notte era arrivata e le stelle sorprendevano per la loro sola esistenza. Il balcone permetteva la vista dell’immensità del fiume Paranà e nel fondo la terra argentina.Ma, frente a tutto questo, io centrai la mia attenzione nell’abbondante quantità di zanzare, la stanza piena dei più svariati insetti e la noia che mi dava il fatto di vedermi assalita da loro. La mia attenzione era su questo, la sgradevolezza.

Minuti dopo essere arrivati si diede la Messa, che per la mia maggiore sgradevolezza si sviluppò in quel balcone pieno di fastidiosi insetti. Cominciò la messa e cominciarono i miei pensieri di fastidio contro la persona la quale aveva avuto la brillante idea di stare all’intemperie.
E tutto ad un tratto ... in mezzo a quei pensieri, vidi per caso, uscendo dalla stupidità della mia testa, che Padre Aldo, dopo la comunione, si sedette, appoggiato alla ringhiera che si affacciava al fiume, e cominciò a guardare. Ma non era uno sguardo scontato, era uno sguardo pieno di stupore, di amore, di contemplazione, era uno sguardo intenso, come se stesse guardando l’amore della sua vita, appassionata.  Insomma, le parole non mi bastavano.

Allora, colpita dal suo sguardo, pensai che sebbene io non riuscivo a vedere niente, niente, che solo vedevo di fronte a me una totale oscurità, che niente mi stupiva, vedendo lui, ebbi una certezza che sebbene io non lo vedevo, se lui, P. Aldo, vedeva in quel modo, qualcosa doveva esistere lì.  Era in qualche forma una fiducia che qualcosa doveva esistere li, che nonostante scuro per me, era qualcosa bellissimo per lui. Accaduto questo si mantenne nei miei pensieri questa idea.

Andai a dormire quella notte, tornando alla distrazione delle molteplici stupidaggini che sono capace di produrre nella mia testa.

Ma il giorno dopo, presto, quando dovevo fare colazione, aprì la porta si scontrò bruscamente con i miei occhi una bellezza impressionante: il fiume,  lo stesso che la notte prima soltanto era buio, la terra argentina, che avevo anche guardato senza alcun, si presentavano allora, quella mattina, con la luce del giorno, in una bellezza che non avevo mai concepito esistesse. Era la sensazione di vedere per la prima volta tanta bellezza, come se per la prima volta si aprissero i miei occhi. Allora capii, in quel momento, in quel secondo, che quello che non potei vedere nell’oscurità la notte prima ma percepivo, intuiva che doveva esistere, solo perché, in questo caso P. Aldo, aveva visto. Era sempre esistito, era lì, davanti ai miei occhi, e quello che non ero riuscita a vedere, si presentava come una grazia, un privilegio di Qualcuno per me. Sono stata al buio ed ad un tratto, come un imprevisto, con tutta la sua bellezza lo potei vedere.
Così, nella stessa maniera, identicamente, vidi i 25 anni della mia vita, camminando, inciampando, persa nell’oscurità, e come un imprevisto, senza aver premeditato niente , senza nessuna aspettativa, arrivai 3 settimane fa a questa parrocchia e senza averlo aspettato aprì all’improvviso gli occhi ed in quel momento, in questo preciso momento, sto guardando intorno a me e non è più scuro. Intorno a me esce il sole, comincio a guardare la bellezza immensa della realtà.

Tutta l’oscurità che nella mia vita passai, tutti gli errori, i peccati, la mancanza di senso non mi pesano più. Non furono invano perche grazie a quell’oscurità, la luce del del giorno è più luminosa e posso goderla nella sua pienezza. Se non fosse stato notte durante 25 anni, se non fosse stato per il dolore che passai, quest’immensa bellezza che adesso inizio a vedere non avrebbe potuto essere tutta così corrispondente come lo è oggi

E’ come ho detto prima, il maggior regalo che ho ricevuto in tutta la mia vita, è che ora incominciano ad uscire i raggi del sole.

I miei problemi ci sono ancora, le difficoltà della mia vita non sono scomparsi. Sicuramente continuerò a commettere gli stessi errori, sicuramente anche in molte occasioni continuerò ad agire istintivamente, facendo e pensando d’accordo a tutta la malizia innata che porto in me. Ciò nonostante, adesso, oggi, non mi determinano, non mi scandalizzo, perche lo sguardo non si posa in queste difficoltà oggettive, lo sguardo è posto in una bellezza, la Bellezza che tutto sostiene e che incomincia a mostrarmi che alla fine,  la realtà è bellezza.

Adesso comincio a guardare in su, sollevo lo sguardo dai miei problemi così questi non mi impediscano vivere. Vivere il peccato, i problemi, le difficoltà, ma guardando sempre un punto che è al di sopra.

Ed il secondo fatto, anche questo imprevisto, è stata l’apparizione nella parrocchia di una ragazza paraguaiana che era venuta a messa, si ritrovò con P. Aldo, parlarono alcune parole, ce la presentò e smise di esistere per me. In seguito lei chiese di rimanere alla cena che facevamo insieme al C.L.U. Fino a quel momento non mi importava in assoluto. Non mi importò fino a quando P. Aldo mi guardò e subito disse: “parla con lei”. Pensai: “perché io!??? Con un certo fastidio per non poter mangiare insieme alle mie amiche, mi sedetti insieme a lei e poco dopo mi resi conto che mi annoiava la sua compagnia ed incominciava ad infastidirmi dover parlarle. 

Finita la cena ringraziai che cosi fosse per liberarmi di lei. Ma si avvicinò P. Aldo e mi disse improvvisamente di invitarla alla gita che dovevamo fare con il C.L.U. Non potevo crederci! Pensavo che più sfiga di così non potevo averla! Supponevo che dovevo essere con lei i 4 giorni che sarebbe durata la gita, sopportando la sua compagnia.

Obbedii per il minimo di coscienza e riconoscimento che riuscivo ad avere per quello che P. Aldo mi chiedeva. I primi due giorni portai “questo peso” di stare con lei, ascoltando quello che mi diceva del suo paese ed ascoltando sulla sua laurea che lei esercita e che a me sembrava inutile e senza senso.

Ma venerdì, P. Aldo citò e ci parlò sullo sguardo con il quale Don Giussani e Carròn lo avevano abbracciato. Uno sguardo di comprensione e tenerezza per il quale passava prima Cristo.

Allora pensai in maniera fugace, che questi giorni, qui in Paraguay io avevo ricevuto quello stesso sguardo del quale lui parlava, ma lo ricevetti da lui. Allora, se io avevo, ricevevo, ero abbracciata tutti i giorni dallo sguardo di P. Aldo, il minimo che potevo fare era intentare di guardare lei, a quella ragazza straniera, guardarla, solo guardarla, senza la pretesa di ottenere qualcosa.

Il sabato, la guardai per la prima volta, e sebbene so che non sono capace di abbracciarla o di comprenderla nella sua umanità, sorse in me, verso di lei, un affetto imprevisto, una tenerezza che non mi ero proposta ma c’era. E nell’autobus tornando ad Asunciòn, si sviluppo fra noi la conversazione più bella fra lei e me, nella quale mi resi conto che nonostante tutte le differenze, il suo cuore ed il mio desideravano lo stesso. Esattamente lo stesso!

Ieri sono arrivata ed oggi scrivo tutto questo perche ho bisogno di ricordare, quando ritorno al mio paese, tutta questa grandezza che qui vivo, per poter vivere, nel quotidiano e l’abitudine, la stessa felicità che oggi godo.

Camila

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