Leggo e rileggo triste, incredulo, sdegnato e stupito le affermazioni del Dr. Gianfranco Vazzoler di Pordenone, riportate dall'Agenzia Adnkronos e ricevute via e-mail da un amico.
"I feti, i neonati fortemente prematuri, i ritardati mentali gravi e coloro che sono in uno stato vegetativo permanente, cioè senza speranza, costituiscono esempi di non persone umane. Tali entità fanno parte della specie umana, ma non sono persone". L'affermazione arriva da Gianfranco Vazzoler pediatra e componente della Consulta di bioetica di Pordenone che l'ha scritta nero su bianco nella sua relazione al convegno su 'Le sfide della neonatologia alla bioetica e alla società: le buone ragioni della 'Carta di Firenze' all'Ospedale Meyer.
Per Vazzoler, infatti, ''è persona chi ha autocoscienza, senso morale e razionalità". Parlando di rianimazione dei prematuri, "alcuni neonati sono neurologicamente e fisicamente così compromessi - ha aggiunto il bioeticista - da essere impossibilitati irreversibilmente ad acquisire il loro potenziale di conquista dei diritti. Non potranno mai diventare persone e quindi il loro migliore interesse non sta nel perseguire la vita".
Una tesi duramente contestata da Gianpaolo Donzelli, ordinario di neonatologia all'università di Firenze secondo il quale quelle di Vazzoler sono affermazioni "senza alcun fondamento scientifico ed etico". "Vazzoler - dice Donzelli all'ADNKRONOS SALUTE - parla esclusivamente a titolo personale. E le sue parole non hanno a che fare né con l'ospedale Meyer di Firenze, né con la città che ospita il convegno. Ma soprattutto non hanno alcun significato per la neonatologia italiana e neppure internazionale".
Al contrario, sostiene il neonatologo, "si tratta di affermazioni che rappresentano soltanto il segno della liberalità e della 'agorà' di pensiero presenti al convegno, dove tutti hanno possibilità di esprimersi. Ma, proprio in nome di questa stessa libertà - prosegue Donzelli - una volta ascoltato e compreso ciò che ognuno dice si può benissimo prendere le distanze".
Il neonatologo dell'ateneo fiorentino parla con cognizione di causa: è infatti uno degli estensori della Carta di Firenze, che riassume le buone pratiche della letteratura scientifica di fronte a neonati fortemente prematuri.
Fin qui la nota dell'Agenzia.
Ed ecco, puntuale, la risposta alle opinioni del Dr. Vazzoler nella e-mail successiva che un'amica mi ha inviato.
Puro caso? Giudicate voi. Io l'ho già fatto.
Notate soprattutto le righe dove si parla di "centuplo" e di "coscienza".
Spero che un giorno anche questo "prete pazzo" possa parlare all'Ospedale Meyer.
Spero che un giorno anche questo "prete pazzo" possa parlare all'Ospedale Meyer.
Da: Padre Aldo Trento
Inviato: venerdì 31 ottobre 2008 12.12
Cari amici,
questa sera prima di iniziare le S.d.c.(scuola di comunità) ho sentito un bisogno tremendo di far cantare “Povera voce di un uomo che non c’è…”. Però arrivati alla fine “la nostra voce deve gridare, deve cantare perché la vita c’è e tutta la vita chiede l’eternità”. Mi ha preso un nodo alla gola. Perché pochi attimi prima avevo celebrato la S. Messa nella clinica, nella camera dove giacciono: Andres, un ragazzo di 22 anni che pesa 15 kg, con il corpo tutto arrotolato come un gomitolo. Non c’è una posizione che gli vedo bene perché non ha una parte del corpo normale. Ermanno lo storpio, spero che molti se lo ricordino altrimenti leggete la sua vita sul libro dei “Santi” di Martindale, era un “capolavoro” rispetto ad Andres; e Celeste, la bimba distrutta dalla leucemia e incamminata verso la morte. Una leucemia di cui, a motivo della povertà, i suoi genitori non hanno mai avuto consapevolezza.
Incomincio la Messa, arrivo alla prima lettura e come un tuono Celeste apre la bocca gridando dal dolore. Urla terribili, soffocanti. Il mio cuore - tutti i giorni fa i conti con queste grida - sembrava non farcela. Mentre l’infermiera legge la prima lettura, mi siedo a fianco di Celeste, le stringo le mani, le braccia, ma le sue grida sono più forti del mio povero cuore di padre. Non ascolto quanto l’infermiera legge, ascolto solo quel grido divino di un nuovo Gesù che sta morendo sulla croce. Mi passano per la mente le parole del Giuss nella S.d.c. dove parla dell’obbedienza, del seguire, del contenuto del seguire, della ragionevolezza del seguire. Quelle parole in particolare dove commenta il cap. VI di Giovanni e la relazione di Gesù con il padre, dal Getzemani alla croce. Parole che mi aiutano a vivere con grande ragionevolezza quelle grida, perché certo che quelle grida come quelle di Gesù sono per la salvezza mia, tua, del mondo. Se non avessi la S.d.c. (se molti non sono di C.L. dei moltissimi a cui scrivo quando mi rispondono mi chiedano cos’è che volentieri spiegherò loro di che si tratta) non potrei avere le ragioni per affrontare questi drammi che da quattro anni vivo giorno e notte.
Terminata la lettura si o si dovetti alzarmi per leggere il vangelo… ma non riuscivo. Non riuscivo a parlare, né le parole di Dio. Volevo stare li inchiodato al suo fianco, baciarla, accarezzarla… però la Messa doveva continuare. Al momento dell’offertorio con il pane e il vino ho offerto Celeste al Padre per tutti noi. Ma il dramma era appena iniziato perché arrivato alla consacrazione mentre pronunciavo le parole di Gesù sul pane e sul vino, e dopo mentre alzavo il calice dicendo “ Fate questo in memori di me” Celeste è scoppiata in un grido fortissimo lacerante che pervase tutta la clinica. Il medico di turno, le infermiere sono corse, l’ennesima dose di morfina… ma le urla continuavano. Ecco mi sentivo come la Madonna ai piedi della croce con Gesù che come dice l’evangelo: ”emesso un forte grido, spirò”. Quel “grido” di Gesù lo vedevo in quel calice che alzavo e in quell’urlo pieno di dolore di Celeste. In quel momento era un’unica scena, quella del Calvario, quella di Celeste, quella della Messa. “povera voce… ma ora deve gridare, deve cantare perché la vita c’è”.
Lascio a voi immaginare cosa è stato per me, per tutta quella S.d.c. non era la lettura di un libro, era l’Accaduto alcuni minuti prima a parlare, a spiegare. Ora sempre per me è così la S.d.c. e per questo non posso stare senza di essa… non ce la farei a sopportare questa croce, queste grida, questo tormento con le migliaia di perché, di domande.
Oh Dio se tutti vivessero così la S.d.c., tutto sarebbe diverso perché uno comunicherebbe solo ciò che è vero per se e quindi vero per tutti e per di più sperimenteremmo come la S.d.c. sia la carne della nostra umanità. “la nostra voce canta con un perché”. Le urla di Celeste erano davvero la verità di questo perché. Il suo grido è per la mia e tua salvezza.
E questo è il centuplo perché il centuplo è l’uomo che grida, che riconosce, cosciente o no, il Mistero. Dico cosciente o no perché anche i miei piccoli figli ammalati per il mondo non hanno coscienza ma appartenendo al corpo mistico di Dio, Cristo, eccome che ce l’hanno!
Un altro fatto accadutomi. Ieri sera, oggi è il 30 ottobre, come ogni notte vado alla clinica per il bacio della buona notte. Prima verso le 20.30 vado a mettere a letto i miei 14 bambini della casetta di Betlemme N°2, la casetta più numerosa con 4 bebè. Ogni sera è uno spettacolo: “ papà, papà, diciamo le preghiere e come angioletti si mettono in ginocchio sul pavimento e, dopo un bacino, tutti a letto. Tornando alla clinica, dopo aver salutato i bambini, rimango a fianco di Victor, Aldo e Cristina. Victor è come sempre in preda alla febbre alta… ma non geme nonostante le grandi piaghe da decubito dietro la testa e la parte sopra piena di acqua tenuta ferma dalla pelle che sostituisce il cranio che non c’è. Poi vedo il volto di Cristina che soffre. E’ piccola, di appena un anno e mezzo, sorda e quasi cieca. Eppure con i suoi occhi neri e bellissimi segue i miei movimenti. Quasi non mi vede, ma il contatto fisico certamente lo avverte. A motivo delle convulsioni capita che si morda la lingua lasciando trasparire un poco di sangue sulle labbra che bisogna pulire continuamente. Li guardo tutti e tre lì soli e penso ai loro coetanei che alla stessa ora dormono tra le carezze e le tenerezze dei genitori. Loro invece hanno solo me e le infermiere che cercano di fare del loro meglio. Li riempio di baci e di carezze finche non si addormentano. Adesso dormono tutti e tre, li guardo e continuo a pregare. Mi sembra di essere in paradiso con gli angioletti. Penso a Gesù quando dice: ”lasciate che i bambini vengano a me perché di essi è il regno dei cieli”.
Sto per andarmene e si avvicina la moglie di un ammalato grave di AIDS: “ padre, le chiedo il permesso di poter andare al mercato generale a sfogliare mais. Ogni borsa di 50 kg sfogliate mi rende 2000 guarani (1 euro = 5800guarani) e in una notte riesco a sfogliarne anche 15 sacche. Padre, mi dia il permesso perché oggi è venuto uno dei miei quattro figli dicendomi che non mangiano da 2 giorni”. La guardo e il mio cuore scoppia vedendo le sue lacrime. Tiro fuori il portafoglio ma lei:”no padre, quello che mi da è già troppo, io voglio lavorare e guadagnarmeli”. Prego per lei e l’ho assunta oggi come lavandaia. Era raggiante per la gioia. Giussani nella S.d.c. nel capitolo della obbedienza dove augura Buon Natale parla del centuplo come del vero esito. Ritrovarmi ogni giorno commosso è proprio l’esito, il centuplo.
Per cui incominciare alle 4.45 e terminare alle 23.30 non è un peso, è un centuplo, un uso nuovo e pieno del tempo sempre più per me l’alba dell’eternità. Sono andato a dormire con il cuore pieno di pace. Anche se con il cuore rotto dalle urla di Celeste, dalla solitudine dei miei tanti bambini, di cui sono papà, a cui vorrei dedicare più tempo, dal dolore di Victor, Cristina e Aldo che con Celeste sono il cuore del mio ospedale, dove anche oggi è morto un uomo.
La morte… ma che bella! Perché mi aiuta a capire che il dolore è una condizione momentanea di oggi. Lei infatti mi porterà definitivamente dal mio Gesù.
Pregate per i miei moribondi. Preghiamo per i miei santi e per i miei morti visto che è già Novembre e la Chiesa ci ricorda insieme con i 4 novissimi (morte, giudizio, inferno, paradiso) che la scena di questo mondo è destinata a sparire per lasciare il posto a ciò che è eterno.
Grazie per le vostre preghiere.
Un abbraccio
P. Aldo
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