21/07/21

Testimone di speranza


“Fin dall’inizio di questa pandemia ho provato timore per una condizione di salute che mi porto dietro e che mi fa essere tra quelli che si definiscono “soggetti a rischio”. Il periodo estivo aveva fatto credere che tutto fosse un po’ più sotto controllo. C'era stata inoltre la notizia dei vaccini e io mi ero detta in cuor mio: “Sono a posto! Non devo più temere’. Avevo quindi riposto nel vaccino le mie speranze. Invece tutto si e ribaltato poco tempo dopo. 

Sono rimasta incinta e non ho fatto il vaccino (per i rischi che avrei corso a parere del medico, a cui mi sono rivolta seguendo le indicazioni delle autorità sanitare italiane). Mio marito, per fortuna, ha trovato un nuovo lavoro, ma questo non gli consente di stare a casa come l’anno scorso. In più la mia citta in questa nuova ondata del Covid ha avuto il record di contagi. 

Ma allora dov'è la mia speranza, mi sono detta? Nelle mie giornate, mi pongo spesso questa domanda, che e come un rilancio a fare un lavoro di verifica in quello che accade e che mi circonda. Questa domanda mi fa ripartire. Quando per esempio io e mio marito, entrambi timorosi per carattere, ci lasciamo prendere dall'ansia, basta a volte che ci ripetiamo: “C’e speranza?", per tornare a guardare altro, o meglio, un Altro che e accaduto nella nostra vita e che ci ha presi. E allora domandiamo a Lui, a Chi e la nostra speranza! Questo e diventato per noi un lavoro quotidiano di verifica.

Un episodio mi ha fatto capire meglio la questione della speranza. 

Di recente il mio primogenito, disabile fin dalla nascita, ha compiuto otto anni. Quella sera, abbiamo chiesto ai nostri figli, prima di mangiare la torta di compleanno, una preghiera diversa dal solito: ciascuno doveva esprimere un motivo per cui ringraziare. Mio figlio di otto anni, il festeggiato, ha detto: “Io ringrazio Dio per la mia esistenza, perché io volevo nascere, volevo esserci’. Sentendo quelle parole io e mio marito ci siamo fulmineamente guardati: la mente e andata alla gravidanza di questo figlio, al momento in cui abbiamo scoperto che aveva una rara malformazione. 

Ho ripensato a tutte le pressioni dei medici per interrompere la gravidanza e anche ai conoscenti che ci dicevano che mettere al mondo un figlio simile voleva dire condannarlo all’infelicità. Dopo otto anni, quello stesso figlio ci ha detto quelle parole, così forti e penetranti per il mio cuore di madre. Questo mi ha talmente scosso e commosso che anch'io ho ringraziato Dio per il sì che mio marito e io, per grazia, abbiamo detto alla sua vita. 

E ho anche capito che c’è speranza! La speranza c’è sempre, anche nelle situazioni più complicate, perché la vita, la realtà e positiva, e per un bene! Allora anche il Coronavirus, le situazioni drammatiche, di fatica, di limite, non possono togliermi la speranza di dire che nella realtà c’è una positività ultima, perché e un Altro che la fa. Un Altro che si nasconde nell'apparenza delle cose e che non mi abbandona mai, mi si è fatto incontro e mi prende ogni giorno con tenerezza, attraverso il bene gratuito di mio marito, dei miei figli, attraverso i fatti che accadono e attraverso questa nostra compagnia, che mi aiuta dicendomi: “Guarda che dietro alle nuvole c’è il sole".»

(da "C'è speranza?" di Juliàn Carròn)



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