05/10/12

"Noi da qua non ci muoviamo"

La vita della Dr.ssa Elena Amisano offerta in un libro. 
La presentazione del Dr. Adriano Rusconi, un grande medico e un grande amico. 
Ho avuto la grazia di essere fra le persone curate dalla Dr.ssa Amisano, ho provato sulla mia pelle la sua gratuità, amicizia, accoglienza, sostegno, competenza e affetto. Non vedo l'ora di stare con lei in Paradiso.


Presentazione del libro  Elena Amicano (la dottora)– Una vita ritrovata da Dio- Ed. Kolbe-BergamoIncontra - giovedì 20 settembre 2012

Adriano Rusconi

Aspettavo tantissimo questa autobiografia.

Io ho conosciuto la Dottora, quando lei incominciato a frequentare Gioventù Studentesca a Milano. Eravamo tutti giovani e il vedere un adulto che non solo si entusiasmava per quello che dicevamo noi, ma si capiva che capiva molto più a fondo di quello che riuscivamo a capire, ed era un punto di richiamo. Lei al sabato era lì ad aspettare pazientemente di confessarsi da Padre Emmanuel e noi la contattavamo. Da una parte era per noi un punto di conferma della verità di quello che ci colpiva e nello stesso tempo ti accorgevi che questo era molto più profondo di quello che immediatamente tu  riuscivi a cogliere.

La Dottora era molto stimata da don Giussani che le indirizzava molte situazioni al limite o patologiche. Anch’io ebbi occasione di andare da lei per accompagnare da lei persone in crisi o in patologia. Certe volte mi faceva assistere ai colloqui perché questo aiutava i pazienti a rimanere più tranquilli.

La cosa che mi colpiva di più, era la profonda unità che c’era tra la sua persona e la sua professione. Lei svolgeva il colloquio informativo o il colloquio terapeutico raccontando la sua esperienza. Le persone che accompagnavo erano persone con la vocazione, con problematiche o che loro stesse si erano scoperte delle patologie.

L’altra cosa che mi colpiva era non solo che era rispettosa della vocazione, ma diceva che anche le difficoltà o la patologia facevano parte della vocazione che Dio stava dando. Non erano cose strane né una sospensione della vocazione, facendo con pazienza vedere come il metodo di affronto fosse dentro la vocazione. Questa era veramente una novità, perché tutti gli psichiatri quando c’era un problema con persone con la vocazione, la prima cosa che mettevano in dubbio e tendevano a  tagliar via era proprio la vocazione. Invece qui si vedeva un metodo che tendeva ad affermare, aiutandola, la personalità dell’altro e non a tagliare ciò che faceva far fatica. Più volte pregai la Dottora di scrivere questo metodo perché era una novità e lei, tra il divertito e il serio mi diceva che non era portata a scrivere, ma era portata a fare le cose.

Comprenderete pertanto la mia curiosità a leggere questo libro, specialmente la sua autobiografia per capire come faceva e la frase che più mi ha colpito è  a pag. 34.
Lei si converte a 41 anni, l’autobiografia la scrive a 88 anni e dice: ” Quanto grande fu quella grazia lo compresi negli anni che seguirono perché nel cammino della fede che dovetti percorrere e che ancora percorro, fra tante prove e interrogativi, mai più un problema è diventato un dubbio.”. Cioè lei in 47 anni non ha mai avuto un dubbio che Cristo fosse la consistenza della vita, sua e degli altri e questo spiega il metodo e la profondissima unità, perché per lei la consistenza dell’ammalato è la stessa consistenza che fa te, cioè Gesù Cristo. Nel rapporto con le persone non è che lei fosse moralistica o generica perché io avevo esperienza di psichiatri, avevo accompagnato altre persone dagli psichiatri e sentivo che c’era in lei tutta la consistenza della psichiatria, ma applicata ad affermare la persona. Lei faceva vedere che la scienza è la maniera che ti è data  per conoscere meglio quello che sta accadendo così che tu possa trattare la persona con la Carità con cui la tratterebbe Cristo. E’ Cristo che ti dà la scienza, che ti fa capire come lui sta facendo le cose e quindi la scienza non è affatto separata dalla fede, ma è la maniera attraverso ti fa capire cosa sta facendo attraverso quella persona lì, in quella situazione lì e questo ti permetteva un’unità incredibile, perché lei faceva colloqui terapeutici, faceva dei colloqui che tendevano a far guarire le persone.
Quello che io ho sempre tenuto fortissimo della Dottora era questa unità, questa capacità di unità che io non ho mai visto in altri, per questo le chiedevo di mettere giù il metodo. Il metodo è questo che tu stai di fronte a Cristo in quello che succede e di fronte a Cristo tu usi tutta la capacità e tutta l’intelligenza che ti ha data. Infatti, nell’autobiografia racconta che quando si converte (e quelli erano anni bellissimi per la psichiatria perché si passa dal contenere i matti con la camicia di forza all’insulinoterapia, l’elettrochoc, le medicine che ti permettevano di evitare di mettere a uno la camicia di forza, ma non solo, emergeva anche la personalità dell’ammalato e quindi potevi entrare in rapporto, potevi aiutarlo a guarire. Su questo, lei dopo la conversione, si giocava moltissimo e ottiene grandi risultati; però il suo primario che prima la stimava molto perché era atea, da un punto di vista ideologico non le da più retta; però non può negare i risultati, e allora l’unica osservazione che le fa è questa: ”Ma tu sei sicura che dopo ti saranno grati per tutto quello che tu stai facendo per loro?”, e questo segnala come lui coglie una verità e una modalità molto più adeguata a trattare le persone.

Io la Dottora l’ho conosciuta soprattutto anche attraverso padre Emmanuel e la cosa che mi ha sempre molto colpito è che lui dice nell’omelia che quello che è avvenuto nella conversione della Dottora è un Avvenimento che ha colpito la Dottora e ha colpito lui, l’avvenimento ne ha colpiti due. Non è che ha colpito solo la Dottora che si è convertita ma lui, tant’è vero che lui continuamente la inviata a far memoria della conversione, cioè di quello che è accaduto e che è presente nella realtà che sta avvenendo.

Lei dice che incontra il movimento di Cl e rimane colpitissima a Varigotti perché vede 500 ragazzi che entrano ed escono in silenzio, ordinatamente e non perché qualcuno glielo dice ma proprio come consapevolezza di quello che stavano vivendo. Così come quando partecipa al Catinaccio ad un incontro con i Maturandi dove i ragazzi che hanno fatto la maturità devono scegliere la facoltà, sente dire da don Giussani che la vocazione è la vita. Cioè tutta la vita è vocazione, non un pezzo della vita ma tutta la vocazione è vita perché ha dentro Cristo e tu per coglierla devi vedere come Cristo ti interpella nelle varie circostanze. Allora comincia a seguire molto di più. padre Emmanuel la invita a Milano in via Kramer dove c’era una casa dei Memores Domini, laici nel mondo e lei che aveva fatto voto personale di castità e di obbedienza al suo padre spirituale, come vita personale di vocazione, leggeva il testo dei Ritiri dei Memores Domini e con quello che le diceva padre Emmanuel trae sempre più consapevolezza che la vita è vocazione e tu sei chiamato ad affrontare ogni circostanza della vita riconoscendo questa presenza e lei dice che in 47 anni mai ha messo in dubbio questo. Questa è proprio una maniera di guardare la realtà, cioè guardarla con la Presenza che sta facendo me e le cose, che sta mettendo me in rapporto con le cose, l’intelligenza si allarga e quindi è chiamata a cogliere le cose nella loro verità. Questa modalità non è imposta. Lei non diceva che bisogna fare così, che tutti devono fare così. Diceva Si può vivere così, cioè questo è un modo di vivere che mi fa cogliere e capire molto di più le circostanze.

Leggendo le testimonianze si capisce come le persone attraverso questo modo di guardare le cose hanno incontrato qualcosa d’altro. Ci sono alcune testimonianze che potrebbero andar bene per una causa di beatificazione tanto sono profonde, ma secondo me ne verranno fuori molte di più perché era proprio un vivere la vita nella sua verità. Quando incontravi uno che viveva così ti accorgevi che c’era qualcosa altro che interpellava anche te. Per lei la vocazione, cioè lo scoprire questa presenza diventa il punto fondamentale per guardare tutte le cose.

E’ l’unica che fa così? Ci sono in giro santi già canonizzati che fanno così. Moscati, Pampuri, Frassati, Beretta Molla, Contardo Ferrini. Laici che non fondano nessun ordine, non fanno nessuna opera ma diventano santi vivendo la vita normale di tutti i giorni davanti a Cristo e questo segnala qual è il problema del nostro tempo.
L’ho sentito dire da don Giussani “Noi siamo in un’epoca barbarica ancora più barbarica di quando ci sono state le invasioni barbariche dove la gente non seminava più, non raccoglieva più, per tutta l’Europa vagava e i monaci benedettini si mettevano in un punto e dicevano “noi da qua non ci muoviamo.” E intorno a loro si è riformata la presenza cristiana. Adesso è un’epoca ancora più barbarica  perché Cristo è stato espulso dall’università, è stato espulso dalle fabbriche, è stato espulso dalla scuola, è stato espulso dagli ospedali, è stato espulso dai quartieri e la gente si ammala, studia, lavora, si muove a seconda delle voci che il potere mette. Occorre che ci sia qualcuno che dia questo giudizio “Noi da qui non ci muoviamo”,allora intorno a loro si riformerà la presenza cristiana.. Ecco la Dottora è un tipico esempio di questo tipo di consapevolezza, di coscienza che aveva per cui non faceva qualcosa che andasse bene per lei o che era giusto farle così, ma che affermava qualcos’altro, un significato che è quello di tutti. E questo è il punto per cui la si può imitare tranquillamente. E’ una consapevolezza eccezionale come profondità ma una consapevolezza che noi tutti siamo chiamati e possiamo avere.

* Trascrizione non rivista dall’autore




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