La vita della Dr.ssa Elena Amisano offerta in un libro.
La presentazione del Dr. Adriano Rusconi, un grande medico e un grande amico.
Ho avuto la grazia di essere fra le persone curate dalla Dr.ssa Amisano, ho provato sulla mia pelle la sua gratuità, amicizia, accoglienza, sostegno, competenza e affetto. Non vedo l'ora di stare con lei in Paradiso.
Presentazione del libro Elena Amicano (la dottora)– Una vita
ritrovata da Dio- Ed. Kolbe-BergamoIncontra - giovedì 20 settembre 2012
Adriano Rusconi
Aspettavo
tantissimo questa autobiografia.
Io ho
conosciuto la Dottora ,
quando lei incominciato a frequentare Gioventù Studentesca a Milano. Eravamo tutti
giovani e il vedere un adulto che non solo si entusiasmava per quello che
dicevamo noi, ma si capiva che capiva molto più a fondo di quello che
riuscivamo a capire, ed era un punto di richiamo. Lei al sabato era lì ad
aspettare pazientemente di confessarsi da Padre Emmanuel e noi la contattavamo.
Da una parte era per noi un punto di conferma della verità di quello che ci
colpiva e nello stesso tempo ti accorgevi che questo era molto più profondo di
quello che immediatamente tu riuscivi a
cogliere.
La cosa
che mi colpiva di più, era la profonda unità che c’era tra la sua persona e la sua
professione. Lei svolgeva il colloquio informativo o il colloquio terapeutico
raccontando la sua esperienza. Le persone che accompagnavo erano persone con la
vocazione, con problematiche o che loro stesse si erano scoperte delle
patologie.
L’altra
cosa che mi colpiva era non solo che era rispettosa della vocazione, ma diceva
che anche le difficoltà o la patologia facevano parte della vocazione che Dio
stava dando. Non erano cose strane né una sospensione della vocazione, facendo
con pazienza vedere come il metodo di affronto fosse dentro la vocazione.
Questa era veramente una novità, perché tutti gli psichiatri quando
c’era un problema con persone con la vocazione, la prima cosa che mettevano in
dubbio e tendevano a tagliar via era
proprio la vocazione. Invece qui si vedeva un metodo che tendeva ad affermare, aiutandola,
la personalità dell’altro e non a tagliare ciò che faceva far fatica. Più volte
pregai la Dottora
di scrivere questo metodo perché era una novità e lei, tra il divertito e il
serio mi diceva che non era portata a scrivere, ma era portata a fare le cose.
Comprenderete
pertanto la mia curiosità a leggere questo libro, specialmente la sua autobiografia
per capire come faceva e la frase che più mi ha colpito è a pag. 34.
Lei
si converte a 41 anni, l’autobiografia la scrive a 88 anni e dice: ” Quanto
grande fu quella grazia lo compresi negli anni che seguirono perché nel cammino
della fede che dovetti percorrere e che ancora percorro, fra tante prove e
interrogativi, mai più un problema è diventato un dubbio.”. Cioè lei in 47 anni
non ha mai avuto un dubbio che Cristo fosse la consistenza della vita, sua e
degli altri e questo spiega il metodo e la profondissima unità, perché per lei
la consistenza dell’ammalato è la stessa consistenza che fa te, cioè Gesù
Cristo. Nel rapporto con le persone non è che lei fosse moralistica o generica
perché io avevo esperienza di psichiatri, avevo accompagnato altre persone
dagli psichiatri e sentivo che c’era in lei tutta la consistenza della
psichiatria, ma applicata ad affermare la persona. Lei faceva vedere che la
scienza è la maniera che ti è data per
conoscere meglio quello che sta accadendo così che tu possa trattare la persona
con la Carità
con cui la tratterebbe Cristo. E’ Cristo che ti dà la scienza, che ti fa capire
come lui sta facendo le cose e quindi la scienza non è affatto separata dalla fede,
ma è la maniera attraverso ti fa capire cosa sta facendo attraverso quella persona
lì, in quella situazione lì e questo ti permetteva un’unità incredibile, perché
lei faceva colloqui terapeutici, faceva dei colloqui che tendevano a far
guarire le persone.
Quello
che io ho sempre tenuto fortissimo della Dottora era questa unità, questa capacità
di unità che io non ho mai visto in altri, per questo le chiedevo di mettere
giù il metodo. Il metodo è questo che tu stai di fronte a Cristo in quello che
succede e di fronte a Cristo tu usi tutta la capacità e tutta l’intelligenza
che ti ha data. Infatti, nell’autobiografia racconta che quando si converte (e
quelli erano anni bellissimi per la psichiatria perché si passa dal contenere i
matti con la camicia di forza all’insulinoterapia, l’elettrochoc, le medicine
che ti permettevano di evitare di mettere a uno la camicia di forza, ma non
solo, emergeva anche la personalità dell’ammalato e quindi potevi entrare in
rapporto, potevi aiutarlo a guarire. Su questo, lei dopo la conversione, si giocava
moltissimo e ottiene grandi risultati; però il suo primario che prima la
stimava molto perché era atea, da un punto di vista ideologico non le da più
retta; però non può negare i risultati, e allora l’unica osservazione che le fa
è questa: ”Ma tu sei sicura che dopo ti saranno grati per tutto quello che tu
stai facendo per loro?”, e questo segnala come lui coglie una verità e una modalità
molto più adeguata a trattare le persone.
Io la Dottora l’ho conosciuta
soprattutto anche attraverso padre Emmanuel e la cosa che mi ha sempre molto
colpito è che lui dice nell’omelia che quello che è avvenuto nella conversione
della Dottora è un Avvenimento che ha colpito la Dottora e ha colpito lui,
l’avvenimento ne ha colpiti due. Non è che ha colpito solo la Dottora che si è
convertita ma lui, tant’è vero che lui continuamente la inviata a far memoria
della conversione, cioè di quello che è accaduto e che è presente nella realtà
che sta avvenendo.
Lei dice
che incontra il movimento di Cl e rimane colpitissima a Varigotti perché vede
500 ragazzi che entrano ed escono in silenzio, ordinatamente e non perché
qualcuno glielo dice ma proprio come consapevolezza di quello che stavano
vivendo. Così come quando partecipa al Catinaccio ad un incontro con i
Maturandi dove i ragazzi che hanno fatto la maturità devono scegliere la
facoltà, sente dire da don Giussani che la vocazione è la vita. Cioè tutta la
vita è vocazione, non un pezzo della vita ma tutta la vocazione è vita perché
ha dentro Cristo e tu per coglierla devi vedere come Cristo ti interpella nelle
varie circostanze. Allora comincia a seguire molto di più. padre Emmanuel la
invita a Milano in via Kramer dove c’era una casa dei Memores Domini, laici nel
mondo e lei che aveva fatto voto personale di castità e di obbedienza al suo
padre spirituale, come vita personale di vocazione, leggeva il testo dei Ritiri
dei Memores Domini e con quello che le diceva padre Emmanuel trae sempre più
consapevolezza che la vita è vocazione e tu sei chiamato ad affrontare ogni
circostanza della vita riconoscendo questa presenza e lei dice che in 47 anni
mai ha messo in dubbio questo. Questa è proprio una maniera di guardare la
realtà, cioè guardarla con la
Presenza che sta facendo me e le cose, che sta mettendo me in
rapporto con le cose, l’intelligenza si allarga e quindi è chiamata a cogliere
le cose nella loro verità. Questa modalità non è imposta. Lei non diceva che bisogna
fare così, che tutti devono fare così. Diceva Si può vivere così, cioè questo è
un modo di vivere che mi fa cogliere e capire molto di più le circostanze.
Leggendo
le testimonianze si capisce come le persone attraverso questo modo di guardare
le cose hanno incontrato qualcosa d’altro. Ci sono alcune testimonianze che
potrebbero andar bene per una causa di beatificazione tanto sono profonde, ma
secondo me ne verranno fuori molte di più perché era proprio un vivere la vita
nella sua verità. Quando incontravi uno che viveva così ti accorgevi che c’era
qualcosa altro che interpellava anche te. Per lei la vocazione, cioè lo
scoprire questa presenza diventa il punto fondamentale per guardare tutte le
cose.
E’
l’unica che fa così? Ci sono in giro santi già canonizzati che fanno così. Moscati,
Pampuri, Frassati, Beretta Molla, Contardo Ferrini. Laici che non fondano
nessun ordine, non fanno nessuna opera ma diventano santi vivendo la vita
normale di tutti i giorni davanti a Cristo e questo segnala qual è il problema
del nostro tempo.
L’ho
sentito dire da don Giussani “Noi siamo in un’epoca barbarica ancora più
barbarica di quando ci sono state le invasioni barbariche dove la gente non seminava
più, non raccoglieva più, per tutta l’Europa vagava e i monaci benedettini si
mettevano in un punto e dicevano “noi da qua non ci muoviamo.” E intorno a loro
si è riformata la presenza cristiana. Adesso è un’epoca ancora più barbarica perché Cristo è stato espulso dall’università,
è stato espulso dalle fabbriche, è stato espulso dalla scuola, è stato espulso dagli
ospedali, è stato espulso dai quartieri e la gente si ammala, studia, lavora,
si muove a seconda delle voci che il potere mette. Occorre che ci sia qualcuno
che dia questo giudizio “Noi da qui non ci muoviamo”,allora intorno a loro si
riformerà la presenza cristiana.. Ecco la Dottora è un tipico esempio di questo tipo di
consapevolezza, di coscienza che aveva per cui non faceva qualcosa che andasse
bene per lei o che era giusto farle così, ma che affermava qualcos’altro, un
significato che è quello di tutti. E questo è il punto per cui la si può
imitare tranquillamente. E’ una consapevolezza eccezionale come profondità ma
una consapevolezza che noi tutti siamo chiamati e possiamo avere.
*
Trascrizione non rivista dall’autore
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