Mi chiedo spesso perché sia così difficile per
gli americani cogliere l’importanza dell’America Latina. Se non fosse stato per
la minaccia costituita da Cuba durante gli anni dominati dall’Unione
Sovietica, il significato della rivoluzione cubana per l’America Latina non
sarebbe mai diventato, per la maggioranza degli americani, un argomento
interessante. Dopo che è cessata questa minaccia, Cuba e il resto dell’America
Latina sono ritornati materia per circoli accademici o stereotipi per
Hollywood.
Ad eccezione, ovviamente, di Miami (specialmente
in periodo di elezioni), dove gli americani di origine cubana continuano a
ricordare al Paese la tragedia della loro terra. Per quanto riguarda il
Messico, l’attenzione è stata tenuta viva soprattutto dalla paura per
l’immigrazione illegale, per l’impatto culturale e per la violenza dei
narcotrafficanti. Anche i cattolici americani in gran parte conoscono ben poco
della Chiesa latino-americana.
Non è così per la Chiesa e la Santa Sede. Due parole
riassumono la profonda preoccupazione della Santa Sede per l’America Latina fin
dal Concilio Vaticano II, e cioè evangelizzazione e liberazione. In un certo senso, negli
ultimi quarant’anni molto dello sforzo della Chiesa in America Latina si è
rivolto a comprendere, proclamare e vivere una corretta relazione tra questi
due concetti.
Fu il Beato Giovanni Paolo II che, visitando
Haiti, lanciò il termine Nuova Evangelizzazione per riunire le varie risposte della
Chiesa alle sfide del tempo. Non vi è dubbio che Papa Giovanni Paolo abbia
cercato lui stesso di correggere gli errori delle varie teologie
della liberazione, ma ha lasciato il compito in gran parte
all’allora Cardinal Ratzinger, capo della Congregazione per la Dottrina della Fede.
Ratzinger ha portato avanti questo compito con grande zelo, riconoscendo in
queste teologie della liberazione una minaccia alla dottrina della
Chiesa maggiore di quanto pensavano coloro che vi si opponevano. Ratzinger,
infatti, si era reso conto che il più grande pericolo insito in queste teologie
non era la loro simpatia per il marxismo, quanto un rifiuto, potenziale se pur
non ancora in atto, della stessa Incarnazione e, di conseguenza, la distruzione
dello stesso cristianesimo.
La questione era la seguente: cosa è Dio secondo
la teologia della liberazione e come si raffronta con il Dio rivelato
attraverso Cristo? Gesù è assolutamente necessario per la conoscenza di questo
Dio o ci sono altri modi possibili attraverso i quali Dio può essere
conosciuto? Se è così, qual è la natura e la missione della Chiesa?
Sull’aeroplano verso il Messico, un giornalista
ha posto domande al Papa sul suo messaggio a tutta l’America Latina, in cui la
maggior parte degli Stati sta celebrando il secondo centenario della propria
indipendenza: “Malgrado lo sviluppo
economico, continua a essere una regione di conflitti sociali, dove si
riscontra il più forte contrasto tra gli estremamente ricchi e gli estremamente
poveri. A volte, sembra che la
Chiesa cattolica non sia incoraggiata a impegnarsi per
affrontare la situazione con energia. È possibile continuare a parlare di
teologia della liberazione in un senso positivo, dopo che sono stati corretti
certi eccessi, connessi al marxismo e alla violenza?”
Il Santo Padre ha risposto in termini che
sintetizzano bene, a mio parere, il contenuto del suo messaggio all’intero
continente, compresi gli Stati Uniti. Ecco le sue parole: “La
Chiesa
deve chiedersi se sta facendo abbastanza per la giustizia sociale in questo
vasto continente. È una questione di coscienza che ci dobbiamo sempre porre.
Dobbiamo chiederci cosa la
Chiesa può e deve fare, e cosa non può e non deve fare. La Chiesa non è un potere
politico, o un partito, ma è una realtà morale, un potere morale. Nella misura
in cui la politica deve essenzialmente essere una realtà morale, a questo
livello la Chiesa
ha essenzialmente qualcosa a che fare con la politica. Ripeto quanto ho già
detto, il primo pensiero della Chiesa deve essere come educare la coscienza,
creando così il necessario senso della responsabilità… Sia a livello della
moralità individuale che a livello pubblico”.
C’è un problema, ha continuato il Papa, una
mancanza manifestata da molti cattolici, una specie di schizofrenia tra morale
individuale e morale pubblica. È imperativo, ha detto, che si venga educati su
come superare questa schizofrenia. Questo è lo scopo della Dottrina Sociale
della Chiesa. Questo ha a che fare anche con la relazione tra ragione e
fede.
Mentre sto scrivendo, il Papa sta preparandosi a
terminare il suo viaggio, quindi questo commento proseguirà la prossima
settimana.
Mons. Lorenzo Albacete
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