La vita di Lella è narrata in "Il destino si è fatto buono"
La
modalità è quella che don Giussani ci ha sempre insegnato, ed è
rivoluzionaria, tant’è vero che tentiamo di difenderci da essa. Si
chiama “preferenza”. Il concetto di preferenza è una delle cose più
belle che abbiamo mai sentito: il Signore, per attrarre il nostro cuore,
che ha sempre un po’ la tentazione dell’autonomia, che ha sempre il
desiderio di affermarsi un po’ pazzamente contro se stesso, come cerca
di salvarci? Non soltanto con dei comandamenti, non soltanto con una
legge esterna, ma destando davanti a noi una preferenza; e una
preferenza non può essere qualcosa di astratto, ma deve essere qualcosa
di sensibile, di concreto, a cui uno si sente veramente attaccato. Prima
di rendersi conto, uno è attaccato a; poi si rende conto che è
attaccato a; e così il Signore ci afferra dall’interno di una esperienza
umana. E perciò occorre una realtà fisica, concreta; don Giussani usa
il termine udibile, fotografabile, perché se non fosse così, noi, che
siamo fatti di carne e ossa, di corpo e anima, non saremmo mai travolti,
presi con tutto il nostro io. Se è una cosa astratta, noi decidiamo
cosa seguire e cosa no, ma se c’è una preferenza, è tutto il mio io che è
trascinato, coinvolto in quel desiderio di partecipare; e così,
attraverso questa preferenza, il Signore ci fa attaccare, ci incolla. E
quando uno è incollato a qualcosa d’altro, non può essere nichilista,
perché questa è la vittoria proprio del nichilismo, proprio sul
nichilismo: che uno è attratto da qualcosa che è interessante per la
propria vita, che costantemente ridesta l’interesse per la propria vita e
proprio nel fatto che ridesta l’interesse per la propria vita dimostra
la sua verità, la sua diversità rispetto a tutto il resto, che prima o
poi decade. Perché questa è la differenza; l’unica cosa importante è
verificare se c’è qualcosa che è interessante e resta interessante nel
tempo e nell’eternità, perché di cose che in un certo momento ci
interessano, ce ne sono troppe, ma cose che restano interessanti per il
tempo, nel tempo, queste non sono tante, anzi, ce n’è soltanto una. E
ciascuno può fare esperienza di questo. Perché, amici, se non c’è
qualcosa che resti interessante per il tempo, per la vita, per
l’eternità, possiamo andare “tranquillamente” a casa, non c’è niente da
fare, anche con tutta la nostra volontà, anche con tutto il nostro
impegno etico, anche con tutto il nostro moralismo, non ce la faremmo
mai, perché non ci sarà mai qualcosa che ci interesserà per sempre, e
perciò, prima o poi, vincerà il moralismo. Per questo il problema di
oggi non è diventare più moralisti, ma qual è la vera natura del
cristianesimo, che cosa ha fatto Gesù, che cosa ha introdotto Gesù come
novità della vita. Perciò non bastava che Gesù ci facesse arrivare un
elenco di comandamenti, di valori morali così come adesso non basta un
elenco di valori morali, riducendo il cristianesimo a un’etica, perché
questa non è in grado di interessare tutta la vita; e infatti, ridotto a
un’etica, il cristianesimo non ci interessa più. Guardate che nella
nostra società il nichilismo vince, non nelle società non cristiane, ma
proprio in quelle cristiane, proprio per questa riduzione etica del
cristianesimo. Fin dall’inizio i primi che L’hanno incontrato, Giovanni e
Andrea, e quelli che rimangono attaccati a questo metodo, solo essi
hanno vinto il nichilismo, e solo così si può vincere il nichilismo.
Invece quando il cristianesimo si riduce, viene ridotto a un’etica,
inesorabilmente finisce per non interessare più. Lo vediamo oggi come
neanche il desiderio di vivere certi valori riesce a fermare il
nichilismo: è micidiale, ma è proprio così. E questo è un problema che
non riguarda solo i cristiani, ma riguarda tutti quanti hanno a cuore la
propria umanità; perciò il problema è antropologico, non etico; il
problema è che cosa risponde a questo desiderio di pienezza, di
bellezza, di giustizia che abbiamo dentro, che cosa può restare
interessante per tutta la vita. Senza questo, prima o poi, il nichilismo
vincerà. In questi giorni un gruppetto di universitari di Milano mi ha
raccontato di avere incontrato una ragazza protestante che pensava di
essere più attaccata al Mistero di loro, ma poi ha detto loro: «Stando
con voi mi rendo conto - diceva a un gruppo di ragazzi cattolici, del
movimento! - adesso, mi rendo più conto proprio stando con voi come il
Mistero diventa veramente familiare». Questa ragazza aveva sentito
parlare del Mistero, forse dava tempo al Mistero, dedicava qualche
aspetto della vita al sacro, ma non riusciva a fare sì che il Mistero le
diventasse familiare. Invece è stando in una realtà sensibile che
costantemente ci apre all’Infinito, ci apre all’Infinito in
continuazione, che il Mistero diventa familiare. Perché noi, oggi,
quando troviamo cristiani con quella diversità unica che noi abbiamo
incontrato in don Giussani o in Giovanni Paolo II, amici, quello di cui
noi facciamo esperienza si chiama Gesù. Perché noi, come ho detto in
altre occasioni, sappiamo che Gesù continua a essere presente, non
soltanto perché rimane, permane la Sua causa, non solo perché permane la
Sua parola, non soltanto perché permane la Sua etica; noi sappiamo che
permane Gesù, perché noi siamo stati guardati con una modalità che è
entrata nella storia e che è possibile soltanto per Gesù. Noi sappiamo
che Lui continua a essere tra di noi, non perché facciamo uno sforzo di
immaginazione, non perché vogliamo convincerci di questo; non dobbiamo
fare nessuno sforzo. Siamo noi i primi a stupirci di come siamo stati
guardati, perché è una forma, è uno sguardo che dà forma allo sguardo, è
lo sguardo di Gesù che ha dato e che dà forma allo sguardo con cui noi
siamo stati guardati. Noi non siamo soltanto dei disgraziati, come a
volte capita a tanti cristiani di pensare, perché non abbiamo avuto la
fortuna di incontrare, come Giovanni e Andrea, Gesù; no, noi non siamo
sfortunati: noi abbiamo incontrato Gesù, come Giovanni e Andrea, con una
modalità diversa, attraverso una carne diversa, ma l’esperienza che
abbiamo fatto attraverso questa carne diversa è la stessa di Giovanni e
Andrea. Altrimenti, guardate ognuno di voi, nessuno di noi sarebbe qui
questa sera. È stato proprio Lui che ci ha affascinato e continua ad
affascinarci attraverso questa preferenza unica con cui ci abbraccia. (D. Juliàn Carròn)
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