01/01/12

Festa della Madre di Dio e di Lella

All'inizio di questo nuovo anno un omaggio a due donne, che mi hanno amato e mi amano tanto, insieme a mia mamma.






La vita di Lella è narrata in "Il destino si è fatto buono"

La modalità è quella che don Giussani ci ha sempre insegnato, ed è rivoluzionaria, tant’è vero che tentiamo di difenderci da essa. Si chiama “preferenza”. Il concetto di preferenza è una delle cose più belle che abbiamo mai sentito: il Signore, per attrarre il nostro cuore, che ha sempre un po’ la tentazione dell’autonomia, che ha sempre il desiderio di affermarsi un po’ pazzamente contro se stesso, come cerca di salvarci? Non soltanto con dei comandamenti, non soltanto con una legge esterna, ma destando davanti a noi una preferenza; e una preferenza non può essere qualcosa di astratto, ma deve essere qualcosa di sensibile, di concreto, a cui uno si sente veramente attaccato. Prima di rendersi conto, uno è attaccato a; poi si rende conto che è attaccato a; e così il Signore ci afferra dall’interno di una esperienza umana. E perciò occorre una realtà fisica, concreta; don Giussani usa il termine udibile, fotografabile, perché se non fosse così, noi, che siamo fatti di carne e ossa, di corpo e anima, non saremmo mai travolti, presi con tutto il nostro io. Se è una cosa astratta, noi decidiamo cosa seguire e cosa no, ma se c’è una preferenza, è tutto il mio io che è trascinato, coinvolto in quel desiderio di partecipare; e così, attraverso questa preferenza, il Signore ci fa attaccare, ci incolla. E quando uno è incollato a qualcosa d’altro, non può essere nichilista, perché questa è la vittoria proprio del nichilismo, proprio sul nichilismo: che uno è attratto da qualcosa che è interessante per la propria vita, che costantemente ridesta l’interesse per la propria vita e proprio nel fatto che ridesta l’interesse per la propria vita dimostra la sua verità, la sua diversità rispetto a tutto il resto, che prima o poi decade. Perché questa è la differenza; l’unica cosa importante è verificare se c’è qualcosa che è interessante e resta interessante nel tempo e nell’eternità, perché di cose che in un certo momento ci interessano, ce ne sono troppe, ma cose che restano interessanti per il tempo, nel tempo, queste non sono tante, anzi, ce n’è soltanto una. E ciascuno può fare esperienza di questo. Perché, amici, se non c’è qualcosa che resti interessante per il tempo, per la vita, per l’eternità, possiamo andare “tranquillamente” a casa, non c’è niente da fare, anche con tutta la nostra volontà, anche con tutto il nostro impegno etico, anche con tutto il nostro moralismo, non ce la faremmo mai, perché non ci sarà mai qualcosa che ci interesserà per sempre, e perciò, prima o poi, vincerà il moralismo. Per questo il problema di oggi non è diventare più moralisti, ma qual è la vera natura del cristianesimo, che cosa ha fatto Gesù, che cosa ha introdotto Gesù come novità della vita. Perciò non bastava che Gesù ci facesse arrivare un elenco di comandamenti, di valori morali così come adesso non basta un elenco di valori morali, riducendo il cristianesimo a un’etica, perché questa non è in grado di interessare tutta la vita; e infatti, ridotto a un’etica, il cristianesimo non ci interessa più. Guardate che nella nostra società il nichilismo vince, non nelle società non cristiane, ma proprio in quelle cristiane, proprio per questa riduzione etica del cristianesimo. Fin dall’inizio i primi che L’hanno incontrato, Giovanni e Andrea, e quelli che rimangono attaccati a questo metodo, solo essi hanno vinto il nichilismo, e solo così si può vincere il nichilismo. Invece quando il cristianesimo si riduce, viene ridotto a un’etica, inesorabilmente finisce per non interessare più. Lo vediamo oggi come neanche il desiderio di vivere certi valori riesce a fermare il nichilismo: è micidiale, ma è proprio così. E questo è un problema che non riguarda solo i cristiani, ma riguarda tutti quanti hanno a cuore la propria umanità; perciò il problema è antropologico, non etico; il problema è che cosa risponde a questo desiderio di pienezza, di bellezza, di giustizia che abbiamo dentro, che cosa può restare interessante per tutta la vita. Senza questo, prima o poi, il nichilismo vincerà. In questi giorni un gruppetto di universitari di Milano mi ha raccontato di avere incontrato una ragazza protestante che pensava di essere più attaccata al Mistero di loro, ma poi ha detto loro: «Stando con voi mi rendo conto - diceva a un gruppo di ragazzi cattolici, del movimento! - adesso, mi rendo più conto proprio stando con voi come il Mistero diventa veramente familiare». Questa ragazza aveva sentito parlare del Mistero, forse dava tempo al Mistero, dedicava qualche aspetto della vita al sacro, ma non riusciva a fare sì che il Mistero le diventasse familiare. Invece è stando in una realtà sensibile che costantemente ci apre all’Infinito, ci apre all’Infinito in continuazione, che il Mistero diventa familiare. Perché noi, oggi, quando troviamo cristiani con quella diversità unica che noi abbiamo incontrato in don Giussani o in Giovanni Paolo II, amici, quello di cui noi facciamo esperienza si chiama Gesù. Perché noi, come ho detto in altre occasioni, sappiamo che Gesù continua a essere presente, non soltanto perché rimane, permane la Sua causa, non solo perché permane la Sua parola, non soltanto perché permane la Sua etica; noi sappiamo che permane Gesù, perché noi siamo stati guardati con una modalità che è entrata nella storia e che è possibile soltanto per Gesù. Noi sappiamo che Lui continua a essere tra di noi, non perché facciamo uno sforzo di immaginazione, non perché vogliamo convincerci di questo; non dobbiamo fare nessuno sforzo. Siamo noi i primi a stupirci di come siamo stati guardati, perché è una forma, è uno sguardo che dà forma allo sguardo, è lo sguardo di Gesù che ha dato e che dà forma allo sguardo con cui noi siamo stati guardati. Noi non siamo soltanto dei disgraziati, come a volte capita a tanti cristiani di pensare, perché non abbiamo avuto la fortuna di incontrare, come Giovanni e Andrea, Gesù; no, noi non siamo sfortunati: noi abbiamo incontrato Gesù, come Giovanni e Andrea, con una modalità diversa, attraverso una carne diversa, ma l’esperienza che abbiamo fatto attraverso questa carne diversa è la stessa di Giovanni e Andrea. Altrimenti, guardate ognuno di voi, nessuno di noi sarebbe qui questa sera. È stato proprio Lui che ci ha affascinato e continua ad affascinarci attraverso questa preferenza unica con cui ci abbraccia. (D. Juliàn Carròn)

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