02/12/09

Buon Natale dal Paraguay



Oggetto: lettera p. Aldo natale
Cari amici,
perdonate se vi disturbo ritornando su una cosa per cui vi ho già chiesto aiuto a nome della Divina Provvidenza. Ma, come sapete, io sono il mendicante di Dio, quel Dio che si è fatto carne in Gesù: e Gesù vive, come ci ricorda il cap. 25 di Matteo, anche nei poveri più poveri come sono tutti i miei figli. Gesù è ognuno di loro, e per questo tre volte al giorno mi inginocchio davanti a ognuno di loro, in adorazione. Che bello: ognuno è Gesù. 
Capite quale grazia Gesù mi dona. Ieri ho accolto un ragazzino di strada con un tumore di un kilo al collo, metastasi generali e per di più tossicodipendente. L’ho guardato, mi sono inginocchiato … quanto dolore fin dalla nascita nella strada. “Padre, che bello è qui” mi ha detto.
Oggi il Consiglio Economico mi ha detto:”Padre per il 31 dicembre abbiamo bisogno di 90.000 euro per pagare i 150 che lavorano qui (Novembre, Dicembre, Tredicesima più le spese correnti)” “Non preoccupatevi, io sono le mani, i piedi, la lingua della Provvidenza, ma è Lei che risolve tutto. Allora pregate e siate certi che per il 31 Dicembre tutto sarà risolto”. 

Per questo mi permetto di chiedervi per Natale di ricordarvi dei miei figli. Siete in tanti, e tutti assieme permetteremo alla Madre della Divina Provvidenza di risolvere la questione. A noi ogni letto della clinica costa 2.500 euro mensili, cioè 83 euro al giorno. I letti attualmente sono 27 per cui ogni mese il costo è di 63.500 euro. Da cinque anni Gesù e sua Madre hanno sempre e puntualmente risolto tutto. E questo è il costo della Clinica, senza contare le casette per gli anziani, che sono due e il cui costo mensile è di 7.000 euro in totale, e la casetta di Betlemme, il cui costo mensile è di 6.000 euro.
Per cui mi affido a ciascuno di voi 
Vi ricordo che la rivista “Tempi” per Natale distribuirà un Dvd realizzato dal più grande e famoso giornalista locale, Humberto Rubin, che dopo aver visitato la Clinica, lui ebreo e agnostico, mi ha detto piangendo:” Se ciò che ho visto è Dio, allora ci posso credere anch’io”. Vi prego di comprare questo Dvd, perché nel suo drammatico realismo dice un po’ di ciò che qui si vive.

Vi ricordo il mio numero di conto corrente:


Trento Antonio

UNICREDIT BANCA – Filiale di Fonzaso (Belluno)
Codice IBAN : IT14Z0200861120000004701742

Buon Natale
p. Aldo



Da: padre Aldo TRENTO 
Data: Mon, 30 Nov 2009 08:42:09 -0300
Oggetto: carta 30/11

Cari amici,

Mi stupisce l’insistenza con cui Carron ci richiama alla cosa che più mi commosse di Giussani quando abbracciandomi nel mio niente mi disse: “Tu non sei e non sarai mai il frutto del tuo passato, delle tue miserie, dei tuoi antecedenti biologici, psicologici,  ereditari, etc… perchè tu sei relazione con l’Infinito”. Che commozione, da 20 anni a questa parte, vivere drammaticamente ogni istante con questa certezza: “Io sono tu che mi fai”. Non c’è depressione, momento difficile, ossessione, tentazione, dolore, accusa, odio, morte che possa definirmi, bloccarmi, paralizzarmi. “Io sono tu che mi fai” non elimina nulla, non mi toglie dal fango, non elimina il dolore, non mi toglie la  insonnia, non mi risolve i problemi (altrimenti che vita, che libertà sarebbe la mia?), però mette una luce nella mia vita, mi dona un criterio, mi indica un cammino per cui tutto diventa occasione per sperimentare cosa significa “dire tu al Mistero”, cosa significa dire “Cristo mio”.

In questi giorni è stato chiaro che questo è un giudizio, è un punto di non ritorno. Alcuni esempi:


1.    Rispetto ai miei figli violentati. Guardate questo disegno. È di una bambina, violentata sistematicamente dal “padre” di 60 anni. La mamma di 18 anni si è suicidata alcuni anni fa. In casa (capanna) il “padre” con altri uomini abusavano di questa bambina e per di più teneva relazioni con animali. La piccola ha visto e sofferto di tutta questa violenza. Così anche il fratellino che è qui con me. Il disegno mi ha fatto soffrire molto perché descrive il suo “io” pieno di paura, di terrore, descrive il suo io frantumato. Me l’ha dato di ritorno dal Messico dicendomi: “papà ho una letterina per te”. Quando prima di dormire l’ho aperta e ho visto questo disegno mi sono venuti i capelli dritti. Poi ho guardato sulla facciata della pagina e con sorpresa che mi ha commosso ho letto queste parole: “Ciao papà Aldo. Sei il miglior padre, papà Aldo. Non abbandonarmi mai, Ti voglio bene. Spero che sia sempre così e non cambi mai. Per favore continua ad essere come sei, lottando per un domani più bello. TI RINGRAZIO PER PROTEGGERMI. Grazie. Ti voglio molto bene”. È inutile ogni commento. Il testo è sottolineato in giallo e verde. Una settimana dopo mi consegna un altra letterina (ai miei figli piace ogni volta che parto o torno scrivermi) e sorpresa: “Ti voglio molto bene e sono felice perché passerò il Natale nella casetta di Betlemme. Proteggimi molto con il tuo cuore”. E dietro al posto del mostro c’era una cavallo disegnato con la matita e senza nessun colore. Un passo avanti nella coscienza di sé. Cosa ha permesso questo? L’affetto di noi, l’affetto mio che nasce dalla certezza “Io sono Tu che mi fai adesso” e che si trasmette per osmosi.


2.    Gabriel, è come il sacerdote Melchisedech della Bibbia, di cui non si conoscono le generalità. Sappiamo solo che è venuto da Dio. Non ha cognome. Ha, si pensa, 8 anni.    Da un orfanotrofio all’altro, da una violenza all’altra. È arrivato qui dopo essere stato respinto, perché violento, da ogni istituzione. Quando è arrivato, era inavvicinabile. La sua risposta a tutto era solo violenza. Una cosa terribile e umanamente insopportabile. Quante volte guardandolo pensavo alla frase di Pavese: “Qualunque violenza nasce dalla mancanza di tenerezza”. Ma la tenerezza non si inventa, non è un fattore ereditario, è un frutto della coscienza “io sono Tu che mi fai”. E così il mio rapporto con lui è diventato per lui l’inizio del cambiamento. Sentite cosa mi ha scritto sotto l’immagine di un uomo-robot disegnato da lui: “Ciao P. Aldo. Voglio che mi ponga il tuo cognome, così sarò felice. Ti voglio tantissimo bene P. Aldo. Io (è importante questo “Io” nella sua boca, lui che non aveva identità) Gabriele ti voglio bene con tutto il mio cuore”. Qui c’è tutta la pedagogia, la psicologia… meglio, qui c’è la evidenza della assoluta verità di ciò che Carron instancabilmente ci ripete: l’uomo è relazione con il Mistero, o capiamo e facciamo esperienza di questo o siamo “vecchi vuoti” che si affidano agli esperti per risolvere la vita. 
Cari amici, qui tutto grida “io sono Tu che mi fai” e le peggiori violenze diventano possibilità per una vita nuova, più bella, più umana, perfino per i miei bebè, tutti concepiti violentemente. Ma quando entrano in contatto fisico con qualcuno in cui è evidente “io sono Tu che mi fai” tutto cambia e il bebè sorride. Come vorrei che in questo avvento ognuno facesse questa esperienza di appartenenza.

Con affetto,

Padre Aldo

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