07/10/09

Essere figlio




“Uno non può essere padre, se non ha nessuno come padre”. Non se “non ha avuto”; ma se “non ha” nessuno come padre. Perché se non ha nessuno come padre, vuol dire che non si tratta di un avvenimento, non è un incontro, non è una generazione. La generazione è un atto presente. Nessuno genera, se non è generato".
Queste parole di don Giussani sono le prime che mi sono venute in mente appena ho cominciato a pensare a don Giancarlo.
Perché sono tante le cose che in tutti questi anni della sua vita hanno dimostrato la sua grandezza. Voi lo sapete meglio di me: dagli inizi del movimento a Rimini alla ripresa dopo la bufera della contestazione studentesca, fino alla nascita e allo sviluppo di un gesto della portata del Meeting. Dalla creazione di una scuola fino alla crescita di una comunità di queste dimensioni.
Ma, pur essendo enormi, non sono queste opere che dimostrano di più la sua grandezza. Dove una persona dimostra la sua vera statura d’uomo è nel riconoscere la sua dipendenza originale, che non è solo quella dell’inizio, ma quella che diventa permanente dipendenza perché accetta di lasciarsi generare anche da grande.
In fatti la vera grandezza di don Giancarlo è stata quella di essere stato figlio, di aver accettato di essere generato dal carisma donato a don Giussani e di cui divenne seguace dal giorno in cui, giovane sacerdote, era andato a incontrarlo a Milano fra la folla degli studenti all’uscita del liceo Berchet.  Questa figliolanza non venne meno durante la crisi del ’68 che svuotò la comunità di Rimini, che però fu tra le prime a ripartire proprio per l’attaccamento pieno di ragione e di affezione del suo padre. Tutto il resto, anche le opere, è conseguenza: è stato il frutto imprevisto di qualcosa d’altro.
Ma dove questa figliolanza ha dato i suoi frutti migliori è stato durante la lunga malattia che don Giancarlo ha dovuto soffrire e che non gli ha impedito di riconoscere che la sua vita nasceva ad ogni istante dal gesto creatore di Cristo presente, al punto da offrire il suo sacrificio per la santità del Movimento e per la vita della Chiesa.
L’avere accettato di essere figlio lo ha reso padre di migliaia di persone, come vediamo qui oggi: voi siete il frutto  più prezioso della sua figliolanza. Proprio perché la paternità non è un tenere per sé le persone, ma la passione affinché il figlio si incammini sulla strada che il padre per primo segue. Questa è l’autorità di cui tutti noi abbiamo bisogno: uno che ci testimonia ciò che è in grado di riempire il cuore e così ci educa a riconoscere Cristo, “ciò che dovrebbe tremare nei nostri occhi tutti i giorni (Don Giussani). Questo riconoscimento è avvenuto in don Giancarlo a prezzo di una fedeltà più forte del limite e delle incoerenze che tutti ci portiamo addosso a causa del peccato originale e che Gesù ha vinto con la Sua resurrezione. Così con san Paolo possiamo vantarci delle nostre debolezze, perché ci basta la Sua grazia.
Ora egli vede compiersi la promessa di Cristo sulla quale ha scommesso tutta la sua esistenza, fino a desiderare di essere assimilato con Lui nella vocazione sacerdotale: “Chi mi segue avrà la vita eterna e il centuplo quaggiù”. E la sua storia è piena di questo centuplo che ha reso grande la sua vita.
Domandiamo al Signore di conceder a ciascuno di noi di vivere la stessa immedesimazione di don Giancarlo col Padre, per essere come lui collaboratori della Sua volontà nel mondo, che vince il nulla e rende feconda la nostra umanità dentro tutte le circostanze della vita, fino al giorno in cui si realizzerà il nostro desiderio di ritrovarlo per sempre.


Juliàn Carròn


Questo è il saluto di don Julian Carròn al termine dei funerali di don Giancarlo Ugolini, nel Duomo di Rimini.

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