24/02/09

Una lettera da Lugano


Miei cari sono di ritorno adesso dal Libano, dove ho avuto la grandissima fortuna di incontrare 5 vescovi irakeni, confratelli tutti di Mons. Rahho, l'arcivescovo di Mossul ucciso l'anno scorso, di questi tempi. 

Bene posso dirvi che la cosa in assoluto più stupefacente è che da gente proveniente da un paese massacrato, dove la presenza dei cristiani è sotto minaccia fisica, dove gli attentati avvengono con l'esplicita ragione di "lo abbiamo fatto perché vogliamo spezzarvi il cuore", dove il governo si offende quando si dice che forse un problema c'è, questa gente non è né triste né disperata, non è richiusa in sé e rancorosa, non è incazzata né ha voglia anzitutto di vendicari. 

Uno dei vesvcovi Mar Micha, un montanaro del nord, l'ho sentito dire queste esatte parole, dette come fra sé: "Io preferisco essere martire nel mio paese che schiavo ovunque altrove."
Il vescovo ausiliario di Bagdad, Andros Abuna, ha uno humor così raffinato che i suoi interlocutori arabi non sanno più cosa dire quando lo sfodera: e il mio amico, il vescovo caldeo di Beirut invece comincia a ridere fin da quando vede un certo luccichio nei suoi occhi. 

Ragazzi, se avete letto Il Signore deli Anelli, avrete sicuramente imparato una delle cose più sagge che mi sia mai capitato di constatare, e che ho verificato innumerevoli volte: il male fa più paura di quanto non faccia male. E vince per la paura che fa, non per quello che riesce a realizzare. Vince dentro, molto prima di vincere fuori. 

La fede in Cristo non è un'idea: quella gente me l'ha mostrato una volta di più, e io so che anche nella vicenda di Eluana, qui sta prima di tutto la vittoria.

ida*

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*Ida Soldini opera e scrive nel Centro Culturale di Lugano

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