La mia sviscerata passione per la Fisica mi ha sempre fatto guardare con commozione ed interesse all'avventura umana e scientifica della Scuola di Roma, ovvero ai Ragazzi di Via Panisperna, guidati da Enrico Fermi.
Tutti conosciamo, seppure a grandi linee, chi è e che cosa genialmente ideò questo nostro Fisico, nato italiano e morto cittadino americano, vincitore del Premio Nobel, emigrato a causa delle Leggi Razziali fasciste, inventore della Pila Atomica e costruttore della Bomba Atomica.
Nacque nel 1901 e morì nel 1954.
Ho ritrovato pochi giorni fa, in un interessante libretto edito da Il Ponte, di Rimini, una bella testimonianza dell'illustre scienziato, tanto acuta quanto semplice. Il libretto non è altro che la Tesi di Laurea in Scienze Religiose dell'Ing. Adamo Raffaelli di Rimini.
Sono trascorsi molti anni, ma ricordo come se fosse ieri.
Ero giovanissimo, avevo l'illusione che l'intelligenza umana potesse arrivare a tutto. E perciò mi ero ingolfato negli studi oltre misura. Non bastandomi la lettura dei molti libri, passavo la metà della notte a meditare sulle cose più astruse.
Una fortissima nevrastenia mi obbligò a smettere, anzi a lasciare la città, piena di tensioni per il mio cervello esaurito e a rifugiarmi in una remota campagna umbra.
Mi ero ridotto ad una vita quasi vegetativa, ma non animalesca.
Leggiucchiavo un poco, pregavo, passeggiavo, abbondantemente in mezzo alle floride campagne (era di maggio), contemplavo beato le messi folte e verdi screziate di rossi papaveri, le file di pioppi che si stendevano lungo i canali, i monti azzurri che schiudevano l'orizzonte, le tranquille opere umane per i campi e nei casolari.
Una sera, anzi una notte. mentre aspettavo il sonno, tardo a venire, seduto sull'erba di un prato, ascoltavo le placide conversazioni di alcuni contadini lì presso, i quali dicevano cose molto semplici, ma non volgari né frivole, come suole accadere presso altri ceti. Il nostro contadino parla di rado e prende la parola per dire cose opportune, sensate e qualche volta sagge.
Infine si tacquero, come se la maestà serena e solenne di quella notte italica, priva di luna ma folta di stelle, avesse versato su questi semplici spiriti un misterioso incanto.
Ruppe il silenzio, ma non l'incanto, la voce grave di un grosso contadino, rozzo in apparenza, che stando disteso sul prato con gli occhi volti alle stelle, esclamò, quasi obbedendo ad un'ispirazione profonda: "Com'è bello! E pure c'è chi dice che Dio non esiste".
Lo ripeto, quella frase del vecchio contadino in quel luogo, in quell'ora: dopo mesi di studi oridissimi, toccò tanto al vivo l'animo mio che ricordo la semplice scena come fosse ieri.
Un eccelso profeta ebreo sentenziò or sono tremil'anni: "I cieli narrano la gloria di Dio".
Uno dei più celebri filosofi dei tempi moderni scrisse: "Due cose mi riempiono il cuore di ammirazione e di reverenza: il cielo stellato sul capo e la legge morale nel cuore".
Quel contadino umbro non sapeva nemmeno leggere. Ma c'era nell'animo suo, custodito da una vita onesta e laboriosa, un breve angolo in cui scendeva la luce di Dio, con una potenza non troppo inferiore a quella dei profeti e forse superiore a quella dei filosofi".
(E. Fermi, Testimonianza citata da C. Fabro)
Rubo questa bellissima testimonianza e la dedico alla Signora Coronata di stelle, che oggi festeggiamo col titolo di Vergine del Rosario.
Ora capisco perché Fermi fu così grande nella Scienza: era così semplice nel cuore!
1 commento:
Che bello, Cecco, grazie!
Leggere questo post mi ha rasserenato il cuore. Ti abbraccio. Rita
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